Sono “materie prime critiche”, da esse dipende il futuro della nostra economia. Oggi le importiamo, ma potremmo recuperarle con l’urban mining
Le discariche delle nostre città sono vere e proprie miniere, dalle quali è possibile estrarre materie prime preziosissime. Dai rifiuti elettronici si possono recuperare metalli e minerali indispensabili per la produzione di tecnologie green come i pannelli solari e le batterie delle auto elettriche. Ecco perché l’Europa, che per lo più dipende dai paesi asiatici per l’approvvigionamento di questi preziosi materiali, sta spingendo sull’urban mining. Il Vecchio Continente, infatti, è in realtà geologicamente giovane e per tale ragione è estremamente povero di queste risorse di grande importanza strategica. Il Green Deal europeo, insomma, passa inevitabilmente per la nostra capacità di slegare la nostra economia dalle materie prime provenienti da fuori continente.
Cos’è l’urban mining
Con il termine “urban mining” (che letteralmente significa “estrazione urbana”) si intende il processo di selezione, raccolta e riciclo delle materie prime preziose (soprattutto metalli) presenti nei rifiuti urbani. Ciò riguarda soprattutto (ma non solo) i RAEE (Rifiuti Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) che riempiono le isole ecologiche delle città e dai quali è possibile estrarre materiali rari e preziosi. Un processo, quello dell’urban mining, che gioca un ruolo chiave nell’economia circolare della società carbon free che l’Europa intende realizzare. Questo perché molte delle nuove tecnologie green necessitano proprio delle materie prime presenti in pc, tablet, smartphone, pannelli fotovoltaici, televisori, monitor e altre apparecchiature simili.
L’oro delle nostre discariche
Più che discariche, vere e proprie miniere d’oro. Dai RAEE, infatti, vengono estratte quelle che le istituzioni europee (ed italiane) hanno denominato “materie prime critiche”: materiali difficilmente reperibili e che hanno una importanza strategica per l’economia europea. Parliamo, per intenderci, di un gruppo di poche decine di elementi, tra cui tungsteno, bauxite, litio, cobalto, platino e grafite. Ma dai rifiuti è possibile estrarre anche oro, argento, silicio e rame.
Perché le materie prime critiche sono così preziose?
Ciò che rende questi materiali dei veri e propri tesori è il loro impiego nella produzione delle più moderne (e spesso green) tecnologie. Una questione, per esempio, che riguarda da vicino l’industria dell’auto elettrica e in particolare la produzione di batterie. Un settore strategico per la crescita sostenibile che è al centro della pianificazione UE, un terreno su cui l’Europa insegue dalla distanza la produzione cinese (anche se negli ultimi anni qualcosa sta cambiando).
Anche l’eolico e il fotovoltaico hanno bisogno di materie prime critiche, ecco perché molti esperti del settore le considerano fondamentali per la transizione ecologica e la decarbonizzazione. Un fatto che diviene ancor più rilevante se si considera che, negli ultimi anni, gli investimenti in energia pulita sono cresciuti esponenzialmente: si è registrato un +24% solo nel periodo compreso tra il 2021 e il 2023.
Insomma, in estrema sintesi si potrebbe dire che le materie prime critiche sono tali poiché sono largamente impiegate in settori strategici per lo sviluppo economico dei prossimi anni: non solo rinnovabili e mobilità sostenibile, ma anche industria digitale e aerospazio.
Urban mining: la questione ambientale
Ovviamente tutto ciò ha molto a che vedere con il cambiamento climatico e, più generalmente, con la cosiddetta questione ambientale. L’urban mining, infatti, non solo permette il recupero di materie prime in un’ottica circolare, ma consente di reperire risorse che vengono per lo più utilizzate nella produzione di tecnologie green. Infine, e anche questo aspetto non può essere sottovalutato, la trasformazione dei rifiuti in risorse consente di approvvigionarsi materie prime critiche, limitando le attività estrattive che deturpano il paesaggio, danneggiano gli ecosistemi e inquinano pesantemente suolo ed aria.
In Italia c’è uno stadio in cui i sediolini
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_Matteo Donisi