Sempre più consumatori scelgono siti e app per i propri acquisti. Ma quali sono gli effetti di questo modello di consumo?
Il mondo dell’economia e del lavoro sono diventati sempre più digital. Basti pensare, solo per fare un esempio, all’impennata dello smart working per comprendere come, soprattutto dopo la pandemia, la rivoluzione digitale abbia stravolto il mondo delle imprese e il loro modo di operare sui mercati.
Una interessante ricerca della Fondazione per la sostenibilità digitale mostra come si stia assistendo a una crescita degli e-commerce B2C (con un passo di circa il +13% annuo) e come la maggior parte delle persone (circa il 63% del campione) sia solita utilizzare siti e app di e-commerce.
Sicuramente acquistare online è più comodo e veloce, ma non bisogna sottovalutare l’effetto deleterio che questo business ha sull’ambiente e neanche l’impatto (positivo e negativo allo stesso tempo) che sta avendo sul commercio “classico”.
E-commerce B2C: cosa significa?
Con l’’espressione “e-commerce B2C” (dove B2C non è altro che l’acronimo di abbreviazione di “Business-to-Consumer”) si intende quella forma di commercio online in cui vi è un rapporto diretto tra azienda e consumatore, senza passaggi intermedi e ulteriori mediazioni. Si tratta, in sostanza, della forma sempre più diffusa di e-commerce, quella che vive grazie all’enorme megafono rappresentato dai social network e che indubbiamente rappresenta un elemento di interesse per economisti e operatori del settore.
E-commerce: gli effetti sul commercio di prossimità
Uno dei punti più dibattuti negli ultimi anni è certamente quello che riguarda il rapporto tra e-commerce e commercio di prossimità. In un primo momento, infatti, sembrava che l’elettronico fosse destinato a mettere la pietra tombale sulle piccole attività commerciali. Una preoccupazione suffragata dai dati, che mostravano (e mostrano ancora oggi) un drenaggio di clienti a favore degli e-commerce.
Con il tempo, però, anche il commercio “classico” ha saputo trarre vantaggio dalle opportunità offerte dalla rete. Sono sempre di più, infatti, i piccoli brand che investono per costruire una propria presenza online, finendo per affiancare alla normale attività di vendita in negozio anche quella digitale. Del resto, anche le istituzioni hanno sostenuto la “migrazione” del commercio su internet: crescono di anno in anno i bandi di finanza agevolata, gli aiuti e i contributi destinati proprio ai negozianti che vogliono realizzare un e-commerce per la loro attività.
Insomma, più che fagocitare il commercio di prossimità, sembra che l’esplosione dell’e-commerce stia stimolando una mutazione del modo di concepire il settore, spingendo i negozianti ad adeguarsi ai cambiamenti per coglierne le opportunità.
E-commerce: gli effetti sull’ambiente
C’è però un altro aspetto di cui bisogna tener conto: l’impatto dell’e-commerce sull’ambiente. Tutti ormai conoscono l’impatto ambientale della logistica necessaria a spostare le merci. Le aziende che si occupano di vendere e consegnare prodotti, infatti, si ritrovano prima o dopo ad essere “messe sotto accusa” dall’opinione pubblica per le enormi emissioni derivanti dagli spostamenti necessari per consegnare le merci.
Esempio perfetto di tutto ciò sono i principali brand del cosiddetto fast fashion (che ha fatto dell’e-commerce una delle chiavi del suo successo). Tutti i marchi della “moda veloce e a basso costo” stanno infatti subendo enormi critiche negli ultimi anni proprio a causa dei tanti effetti negativi che il loro business ha sull’ambiente.
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_Matteo Donisi