Anche grazie a un documentario premio Oscar, l’allevamento intensivo dei polpi finisce nel mirino: troppe sofferenze per questi intelligentissimi animali e danni all’ambiente
La carne di polpo è apprezzata e consumata in quasi tutto il mondo, non deve quindi meravigliare che da qualche anno si sia iniziato ad allevare intensivamente questo animale per scopi alimentari. Canada, Hawaii, isole Canarie: gli allevamenti di polpi si stanno rapidamente diffondendo, attirando su di sé aspre critiche da parte delle associazioni animaliste.
Alla base delle polemiche mosse contro questa nuova pratica di itticoltura non ci sono solo ragioni di carattere animalista (aggravate dall’intelligenza e dalla complessità emotiva dei polpi), ma anche questioni di natura ambientale.
No all’allevamento dei polpi: le ragioni degli animalisti
Allevare polpi preservando il benessere degli animali sarebbe impossibile. A mostrarlo sono numerosi studi e ricerche, che spiegano come l’enorme intelligenza e la capacità di provare emozioni (gioia, tristezza) e sensazioni (dolore e piacere) rendano i polpi esseri pienamente senzienti, inadatti a pratiche di allevamento intensivo.
Il report firmato CIWF “Octopus Factory Farming – A Recipe for Disaster“, inoltre, spiega come i polpi vengano spesso esposti a metodi di macellazione dolorosi, non esistendo in questo momento alternative che risparmino loro l’enorme sofferenza.
Sull’intelligenza di questi animali, poi, sono state critte pagine e pagine di ricerca scientifica. I polpi sono tra le pochissime specie che riescono a risolvere problemi complessi, che sanno utilizzare strumenti per nutrirsi e che possono memorizzare procedure lunghe e complicate.
Insomma, un polpo ha tutti gli strumenti per percepire, comprendere e soffrire della condizione in cui si trova costretto a vivere all’interno degli allevamenti intensivi.
Allevamento dei polpi: l’impatto ambientale
Come accennato in precedenza, alla base della campagna mediatica e politica contro l’allevamento intensivo dei polpi ci sono anche ragioni ambientali. Infatti, anche se in apparenza sembrerebbe ridurre l’overfishing, l’allevamento di questi animali causa un forte impatto sulla natura. I polpi, com’è noto, sono infatti animali carnivori, che devono essere sfamati con crostacei o piccoli pesci che andrebbero pescati (spostando, quindi, e non riducendo il problema della pesca eccessiva) o allevati a loro volta, accrescendo esponenzialmente l’impatto ambientale di tutta la filiera.
Inoltre va considerato che l’allevamento intensivo di animali marini è spesso connesso alla diffusione di patologie dentro e fuori dall’allevamento stesso.
Così, mentre il tema della salvaguardia dei mari e degli oceani diventa di anno in anno più centrale nel dibattito politico internazionale, alle problematiche relative alla dispersione della plastica e a quelle legate alla distruzione degli habitat marini (a proposito, sai che esistono tecniche per trapiantare le barriere coralline?), si aggiunge anche quella degli allevamenti intensivi.
Un documentario Premio Oscar riapre il dibattito
Una curiosità: nel 2021 la storia (vera) dell’amicizia tra un polpo e Craig Foster, il naturalista sudafricano che con l’aiuto di due registi ha realizzato il documentario My octopus teacher (in italiano Il mio amico in fondo al mare), si è aggiudicata un premio Oscar e ha commosso milioni di persone in tutto il mondo.
Allevamento dei polpi: le leggi che vogliono fermarlo
Tutte le ragioni illustrate spingono sempre più persone ad interrogarsi sull’opportunità di proseguire con l’allevamento dei polpi. Intanto lo stato di Washington (USA) sta discutendo una proposta di legge volta a vietare definitivamente questa attività, una procedura analoga sta coinvolgendo il Canada, dove cittadini e associazioni hanno presentato una petizione al Governo.
Una discussione che è arrivata anche in Europa, dopo la scelta di realizzare nelle isole Canarie un enorme allevamento da un milione di esemplari.
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_Matteo Donisi