Una pratica, quella della pesca intensiva, del tutto insostenibile, che mette in estremo pericolo l’ecosistema marino
Tra i tanti problemi che affliggono la Terra ce ne sono alcuni che sembrano distanti e sottaciuti. Uno di questi problemi riguarda la relazione tra esseri umani e mare. Quale rapporto abbiamo con i pesci? Troppe persone nel mondo dipendono dalla pesca e dalla quantità giornaliera di proteine che i pesci offrono per soddisfare il fabbisogno giornaliero di cibo. Ma quanti pesci ci sono nel mare? Sempre meno, perché non concediamo loro il tempo necessario per riprodursi.
Cosa vuol dire Overfishing?
Il termine inglese, overfishing, è quello ufficiale, ma anche in italiano rende l’idea: sovrappesca. Quando parliamo di overfishing ci riferiamo all’attività di cattura intensiva di enormi quantità di pesce. Enormi a tal punto da non concedere alla fauna marina di riprendersi e consentirle di riprodursi. Uno squilibrio a servizio del commercio assolutamente deleterio per l’ecosistema marino. La domanda è troppo alta, così come le specie a rischio. Emblematico il caso del tonno rosso del Pacifico che, decimato dalle richieste folli, ha condotto gli Stati Uniti verso un extra regolamentazione che ne vieta la pesca se inferiori ai 185 centimetri di lunghezza.
Lo sfruttamento sempre più intensivo dei mari e degli oceani avviene attraverso tecniche molto invasive di raccolta condotte dalle cosiddette navi fattoria che non si limitano alla pesca, bensì anche alla lavorazione del pescato che nel minor tempo possibile arriva alla grande distribuzione e di conseguenza nelle nostre tavole. Ogni calata di reti equivale a tonnellate di pesce. Ma le reti calate causano anche tutta un’altra serie di problemi collegati. Morti accidentali di specie non coinvolte e scarti di ogni tipo alterano le funzioni dell’ecosistema marino a tal punto da modificare le abitudini alimentari di tanti animali. La quantità di pescherecci in mare è tale da ritenere che le lenze per la raccolta influiscano in maniera considerevole sulla generazione delle cosiddette isole di plastica, agglomerati di spazzatura galleggianti in mare aperto. Una sete di pescato che di fronte all’incredibile mole di spreco alimentare fa davvero storcere il naso. Il tema allora è: quanto si potrà resistere a questi ritmi? Il problema è mondiale, la popolazione sempre più in crescita e la consapevolezza messa in crisi dal mix di questi fattori. Ma c’è qualcuno che si sta muovendo per porre un freno all’overfishing?
Consumo mondiale e sostenibilità
Il problema della sovrappesca, paradossalmente, non soddisfa neanche a dovere la domanda mondiale. Per una serie di fattori alcuni paesi non usufruiscono di questo eccesso e in conseguenza saranno anche i primi a subire l’esaurimento degli stock ittici. Quelli più lontani dal mare (il Guatemala per esempio) risultano agli ultimi posti nella classifica del consumo pro capite. La media globale è di 19 kg all’anno e la Cina è tuttora il maggior consumatore di pesce con un consumo medio di 23 kg a testa che si stabilizzerà (o crescerà?) entro il 2026. Rapportato alla popolazione cinese parliamo del 36% del consumo globale.
Eppure anche la pesca può essere sostenibile. Non è solo questione di consumi minori e di preservazione di specie, ma anche di rispetto per le generazioni future e di equilibrio nel consumo pro capite. Esistono delle tecniche poco invasive di raccolta, con la nassa o a circuizione per esempio. Tecniche che chiaramente fanno la differenza per la sussistenza delle comunità locali, ma che sono viste come un ostacolo per i pescherecci. Arginare l’overfishing con la pesca sostenibile è diventata una necessità e l’UE per prima confida nelle potenzialità del progetto PCP (Politica comune della Pesca) che si pone l’obiettivo di far rientrare i volumi di raccolta entro limiti che garantiscano la conservazione degli stock ittici e la protezione degli ecosistemi marini. La progressiva eliminazione delle tecniche della pesca a strascico e l’imposizione di un quantitativo massimo di cattura sono le prime mosse messe in atto dalla commissione con risultati che però tardano ad arrivare.
Eppure c’è solo una grande mossa che come singoli cittadini possiamo fare per combattere la sovrappesca: ridurre il consumo e di conseguenza lo spreco alimentare.
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_Damiano Cancedda