Enormi agglomerati di rifiuti galleggiano sui nostri mari, un problema per l’ecosistema marino e non solo.
Masse informi galleggianti prive di confini e perennemente in espansione. Di cosa parliamo? Delle isole di plastica, o forse meglio dire di spazzatura. Un problema sottovalutato dai media e scarsamente percepito dalle persone. Eppure siamo proprio noi umani ad averle create ed alimentate. Le isole di spazzatura sono una minaccia ambientale immensa che necessita di essere affrontata seriamente. Qualcosa comincia a muoversi in tal senso.
Cos’è un’isola di spazzatura?
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha ammonito tutti:ogni anno circa 82 milioni di tonnellate di plastica non vengono smaltite correttamente ed una percentuale di queste, tra il 2 e il 3%, finisce in mare. E da qui nascono le isole di spazzatura, agglomerati di rifiuti plastici (e non solo) che stazionano in mare causando danni ambientali incalcolabili. Immaginate una distesa sconfinata e galleggiante di bottiglie di plastica, buste, flaconi e contenitori vari delle più disparate sostanze non biodegradabili. Ecco, parliamo di questo tipo di isole. Isole che a volte si trasformano in continenti. Nell’Oceano Pacifico vaga il famoso Pacific Trash Vortex, un vero e proprio continente di spazzatura, grande due volte la Francia e composto da un accumulo di circa 80 mila tonnellate di plastica che disgregate nel tempo dall’azione solare finiscono per essere ingerite dalle specie marine animali.
Grazie alle molteplici caratteristiche positive la plastica si è insediata nel tessuto commerciale globale estendendosi fino al più capillare utilizzo quotidiano.Essendo economica, flessibile e durevole si è trasformata in un materiale a misura di consumatore, trasformato nelle più disparate forme di impiego.
L’utilizzo della plastica in sé non è un problema, lo smaltimento e il recupero della plastica lo sono: la produzione eccessiva genera ogni giorno un impatto esagerato nei diversi habitat terrestri e marini. Città di plastica, mostri ecologici e isole di spazzatura sono il riflesso malsano di questo iper-utilizzo e del poco rispetto verso il Pianeta. E se pensate che il Pacific Trash Vortex sia l’unico esempio di mega isola spazzatura, beh, purtroppo, non è così. Diversi Mari e Oceani hanno la propria isola.
Isole di spazzatura in Italia
Fino a qualche anno fa si pensava che le isole di spazzatura fossero prerogativa dei mari aperti, e invece no. Nel mar Mediterraneo gli studi dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) hanno messo in evidenza un significativo concentrato di macro e microplastiche, per un totale di un milione di tonnellate sparse in diversi punti. Anche al di là delle coste italiane si possono constatare fenomeni del genere, il più significativo nel Mar Tirreno, al largo dell’arcipelago Toscano. Certo, Non parliamo di dimensioni simili a quelle del Pacific Trash Vortex, ma si tratta di un’isola galleggiante grande decine di chilometri alimentata principalmente da rifiuti passanti per l’Arno, il Sarno e il Tevere e che si concentra tra la Corsica e l’Isola d’Elba, zona in cui troviamo il Santuario Pelagos, noto per la massiccia presenza di cetacei.
Come ripulire gli oceani
Ci sarebbe un metodo primordiale per ridurre l’inquinamento causato dalle plastiche: diminuire la produzione e limitare il superfluo promuovendo soluzioni alternative più ecologiche e sostenibili. Sgombriamo il campo da possibili equivoci: esistono migliaia di enti che si occupano di sensibilizzazione e che stanno facendo un ottimo lavoro, ma rimane il problema di una sovrapproduzione mondiale incentivata anche dalla crescita economica di diversi stati molto popolosi, africani e asiatici in primis, che aumentando il tenore di vita si uniformano ad un certo stile di consumo di stampo occidentale. Per questo diventa indispensabile non perdere tempo.
Un esempio. Un segnale tangibile per la pulizia degli oceani arriva da Ogyre, una startup italiana che si è posta l’obiettivo di rimuovere 1 milione e mezzo di chili di rifiuti plastici galleggianti entro il 2024. Impossibile poi non menzionare Ocean CleanUp, un progetto di bonifica olandese che utilizzando un sistema innovativo di rimozione della plastica sta cambiando le sorti del problema, dando una speranza alla salute degli ambienti marini. Una macchina mangia rifiuti che ogni anno raccoglie mediamente 100 tonnellate di plastica da smaltire. Obiettivo? Eliminare il 90% della plastica in mare entro il 2040.
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_Damiano Cancedda