Ci ha lasciati Ovidio Marras, l’uomo della “battaglia contro il cemento” che disse no agli imprenditori del lusso
6 Gennaio, una notizia arriva dalla Sardegna, quella più incontaminata e coriacea: Ovidio Marras ci ha lasciati. E “coriaceo” non è solo aggettivo perfetto per descrivere un certo tipo di Sardegna, no, è anche l’aggettivo giusto per descrivere l’allevatore stesso, un piccolo grande eroe che con la forza della tenacia, cresciuta di pari passo con i sacrifici di una vita intera, è riuscito a dire dei no pesanti come macigni. No alla speculazione edilizia, no al cemento, no all’ usurpazione.
Questa terra è la mia
Nell’ estremità sud-occidentale della Sardegna, tra le tante e splendide calette si nasconde Capo Malfitano, uno dei simboli marini della zona e del territorio di Teulada tutto. Ed è qui che Ovidio Marras è cresciuto portando al pascolo il gregge di proprietà. Un pastore come tanti in un territorio splendido, ambito dai più grossi imprenditori del turismo e del lusso. Uno di questi gruppi imprenditoriali, la Sitas, a partire dagli anni Duemila cercò di portare avanti un importante ed ambizioso progetto di business, ovvero la costruzione di un resort di lusso nei territori di Capo Malfitano, lì tra le terre di famiglia Marras e di altri proprietari. Un ostacolo da aggirare con il profumo dei soldi. Tanti soldi.
Le prime avvisaglie di un certo movimento Ovidio Marras cominciò a notarle molto presto. Un viavai di tecnici e di recinzioni lo insospettì e allora ecco le prime denunce. Una colata immensa di cemento era pronta a far nascere proprio lì, una schiera di villette, campi da golf e alberghi destinati a rendere Capo Malfitano l’ennesimo svago turistico per ricchi. Un mostro edilizio affacciato sul mare a cui opporsi strenuamente. Questa terra è la mia. Questa terra non si vende.
Una storia che arriva in tribunale
La vicenda cominciò a far parlare la gente e i giornali locali, diventando un caso giudiziario di grosse dimensioni. Tradizione e lotta si opponevano con pazienza alle logiche del denaro sonante. La Sitas ad un certo punto tentò di aggirare l’ostacolo Marras costruendo una deviazione nell’antica strada che conduceva al podere e di fatto negando l’accesso al mare all’allevatore. Una mossa che non piacque per niente al diretto interessato. Nonostante l’età, Ovidio Marras decise di arrivare fino in tribunale cercando ed ottenendo anche il supporto di associazioni ambientaliste. Sedici anni di battaglie legali condite da tentativi di corruzione ed intimidazioni varie misero in crisi la reputazione e i progetti della Sitas che nel 2016 fallì da perdente in Cassazione. Quella strada che dal podere conduceva al mare era di nuovo libera. libera dalle pressioni e dai tentativi di usurpazione.
La morte e l’eredità di Ovidio Marras
Balzato agli onori della cronaca per le vicende della “Battaglia al cemento”, Ovidio Marras è diventato un simbolo della lotta ambientalista. Salvare uno dei luoghi più belli della Sardegna, difenderla dal calcestruzzo, gli ha permesso di continuare a vivere a due passi da Capo Malfitano, in salute fino (quasi) alla fine dei suoi giorni. “Ho solo difeso quello che era mio e di tutti” amava ripetere. Diceva sempre di non aver fatto niente di speciale Ovidio, ma attorno a sé riconosceva le voci che parlavano di lui come uno degli ultimi baluardi della più verace testardaggine sarda. Una testardaggine mai fine a se stessa, sincera e limpida come l’acqua di mare. Solo nell’ultimo periodo, al manifestarsi sempre più evidente degli acciacchi dell’età, decise di tornare dai suoi cari, qualche metro più in là nell’entroterra sardo e con 93 anni di vita vissuta da lasciare in eredità.
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_Damiano Cancedda