Dopo la carne, ecco anche il pesce coltivato in laboratorio: prezzo concorrenziale e zero microplastiche e sostanze contaminanti
Nei mesi scorsi in Italia è impazzata la polemica circa le nuove norme sulla carne coltivata, un argomento estremamente delicato, che divide il Paese tra chi vede in questa innovazione una soluzione etica e sostenibile e chi invece teme che possa compromettere il mercato delle eccellenze agroalimentari made in Italy. Intanto però, mentre media e governi discutono di vantaggi e svantaggi, c’è già chi sta lavorando per commercializzare anche il pesce coltivato in laboratorio.
Pesce coltivato: i primi esperimenti
Non deve sconvolgerci più di tanto, era solo questione di tempo prima che qualcuno iniziasse a coltivare in laboratorio anche il pesce. Del resto, la ricerca sul latte in provetta è già in fase più che avanzata ed è facile immaginare che la ricerca in questo settore si espanderà sempre più negli ultimi anni.
Tornando al “pesce in provetta”, i primi esperimenti sono già iniziati, li sta realizzando a Singapore un’azienda europea (la Bluu Seafood) che sta preparando la prima tonnellata di pesce coltivato in laboratorio. Un test che sembrerebbe partire con premesse più che incoraggianti: i pesci, rispetto ai mammiferi, hanno una capacità di rigenerazione cellulare più elevata. Questo velocizzerebbe (e forse renderebbe meno costosa) la coltivazione dei tessuti dei prodotti ittici.
La procedura per creare pesce in laboratorio è sovrapponibile a quella utilizzata per la carne: cellule staminali vengono alimentate e coltivate “in vitro” e il prodotto finale viene stampato in 3D. Una tecnologia che indubbiamente segna un passo in avanti rispetto all’insostenibilità ambientale della pesca e dell’allevamento dei prodotti ittici.
L’azienda auspica di essere pronta per la produzione industriale entro due o tre anni.
Pesce coltivato, microplastiche e sicurezza
C’è un ulteriore elemento di cui bisogna tener conto: il pesce coltivato non è contaminato da microplastiche. Ma che significa ciò? Procediamo con ordine: quello della diffusione e sedimentazione delle microplastiche è un tema estremamente attuale. Qualche tempo fa fece scalpore la scoperta di vere e proprie piogge di plastica sul monte Fuji, ma è noto che il problema riguardi prevalentemente la presenza di queste pericolose sostanze nelle carni che consumiamo abitualmente. Neanche a dirlo, proprio nei pesci è stata più volte riscontrata una percentuale di microplastiche decisamente superiore alla norma.
Questa insalubre “catena alimentare” è più che nota: l’uomo disperde (direttamente o indirettamente) la plastica in mare, questa finisce per sedimentarsi nella flora e nella fauna marina, l’uomo pesca, alleva e mangia la fauna contaminata. Insomma, nonostante i tanti scetticismi, ragionevolmente il pesce coltivato potrebbe essere più sicuro e controllato di quello che proviene dai nostri mari, perché manterrà gli stessi valori nutrizionali, senza però il rischio di allergeni e senza contaminazioni.
Pesce coltivato: quanto costerà?
Uno dei principali problemi della carne coltivata è quello dei costi di produzione e, di conseguenza, del prezzo a cui può essere commercializzata. È ragionevole pensare, quindi, che anche con il pesce creato in laboratorio si potrebbe andare incontro alle stesse problematiche.
In realtà è proprio la dirigenza della Bluu Seafood a dirsi ottimista: la differenza di prezzo tra pescato e coltivato, infatti, potrebbe essere minore di quando si pensa, con un incremento che potrebbe essere di circa il +33%.
Ma i consumatori saranno disposti a pagare di più per mangiare un prodotto creato in laboratorio? Questa è la vera sfida per questo nuovo mercato.
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_Matteo Donisi