In Giappone i ciliegi fioriscono in anticipo, l’industria dei profumi è a rischio, sulle Alpi si scierà sempre meno e gli agrumi di Sicilia “migreranno”
Se è vero che la comunità scientifica ha recentemente comunicato che il buco dell’ozono è destinato a chiudersi entro il 2040, restano innegabili gli effetti del cambiamento climatico sulla natura. A causa di ciò, comparti come l’agricoltura o il turismo invernale dovranno presto fare i conti con violenti e profondi stravolgimenti, destinati a modificare radicalmente la vita di milioni di persone.
In 25 anni l’Italia perderà il 12% dei suoi impianti sciistici
Già nel 2021 Legambiente pubblicava, all’interno del dossier Nevediversa, dati estremamente preoccupanti per il comparto sciistico italiano. Sulle nostre montagne, infatti, si prevede un innalzamento delle temperature di 2/3 gradi centigradi entro il 2050 ai quali se ne aggiungeranno altri 3/7 entro la fine del secolo. Tutto, naturalmente, a causa del cambiamento climatico. Numeri che spaventano gli amanti della montagna e gli operatori turistici se, come sostiene Legambiente, Eurac prevede che un aumento delle temperature superiore ai 4 gradi ridurrà sensibilmente la percentuale degli impianti sciistici accessibili, con una flessione che dovrebbe attestarsi intorno al -12%.
Grasse e la crisi dell’industria profumiera
La notizia che il gelsomino di Grasse sia arrivato a costare più dell’oro ha fatto il giro del web. In realtà il fatto che il cambiamento climatico stia mandando in crisi la produzione profumiera è noto da tempo. Così a Grasse, la capitale mondiale del profumo che dal 2018 l’Unesco ha inserito tra i patrimoni culturali immateriali dell’umanità, la coltivazione di fiori e piante è messa a dura prova dal progressivo innalzamento delle temperature. Un fatto che rischia di allontanare dal sud della Francia il redditizio business delle fragranze. Ma il problema riguarda anche l’Italia, dove si praticano colture estremamente prestigiose come quella dell’Iris pallida per l’estrazione dei suoi preziosissimi oli essenziali. Il rischio, a detta dei produttori, è che il surriscaldamento globale spinga i grandi brand (anche quelli del lusso) a preferire le fragranze sintetizzate in laboratorio rispetto a quelle naturali che, inevitabilmente, diventeranno sempre più costose.
Le colture “migreranno” verso Nord
Un rapporto dell’EEA mostra come gli effetti del cambiamento climatico sul comparto agricolo vadano ben oltre il solo business dei profumi. L’Agenzia europea dell’ambiente, infatti, prevede che nel prossimo futuro la produttività agricola del Nord-Europa crescerà a discapito dei territori che si trovano più a Sud. Nei Paesi settentrionali, infatti, le temperature più elevate e l’allungarsi delle stagioni vegetative consentiranno la coltivazione di specie vegetali tipiche dell’area mediterranea. Nell’Europa meridionale, al contrario, si registrerà inevitabilmente una flessione negativa della produttività agricola, anche a causa di fattori quali la diffusione di nuovi parassiti e malattie. Una condizione che, secondo l’EEA, causerà una lenta ma inevitabile “migrazione” delle colture tipicamente mediterranee verso Nord.
I ciliegi giapponesi
Esempio perfetto di come le specie vegetali stiano risentendo del cambiamento climatico è quanto accade in Giappone. Come raccontato in un articolo de il Post, stando alle previsioni dell’Associazione meteorologica giapponese (JWA), il giorno di fioritura dei ciliegi di Kyoto sta progressivamente arretrando. Quella del 2021, che avvenne il 26 marzo, fu la più precoce degli ultimi 1.200 anni (periodo da cui si registrano dati sui ciliegi di Kyoto). Dati che fanno il paio con quelli contenuti in un recente studio che aveva dimostrato come dagli anni ’30 in poi vi è stata un’anticipazione delle fioriture dei ciliegi di ben 11 giorni.
Leggi qui cosa lega il cambiamento climatico
a un carrarmato ritrovato nel Po…
_Matteo Donisi