Quando riutilizzare un oggetto non significa solo dargli nuova vita ma anche un nuovo (e migliore) significato
Mai sentito parlare di riciclo creativo? Ecco, se proprio dovessimo sintetizzare al massimo il concetto, l’upcycling non sarebbe nient’altro che una traduzione di questo fenomeno. In verità si tratterebbe di una banalizzazione eccessiva di un trend che non è più un trend (inteso come tendenza o moda momentanea), ma una solida realtà, come direbbe qualcuno. Allora meglio approfondire: cosa vuol dire upcycling? E perché in svariati settori la sua applicazione è una risorsa così importante, innovativa e sostenibile? Vediamolo insieme.
L’upcycling spiegato
L’upcycling è un processo strategico ed economico entrato stabilmente nel modus operandi commerciale di privati e aziende che si sono poste in prima fila nella lotta allo spreco. Non è nient’altro che la trasformazione di materiali di scarto in nuovi prodotti migliori di quelli che erano in origine. Solitamente la nuova collocazione ambisce ad essere quella artistica e/o ambientale e grazie al’upcycling si ottengono spesso oggetti di design che economicamente ribaltano il valore dell’oggetto originario che da “pochi spicci” può passare a valere anche migliaia di euro. L’upcycling è a tutti gli effetti un fenomeno nato per contrastare la sovrapproduzione dilagante degli ultimi decenni e, allargando per un secondo gli orizzonti del termine, si è ormai insediata anche negli ambienti food per arginare il fenomeno devastante dello spreco alimentare. Nel prossimo paragrafo faremo qualche esempio concreto ma prima dobbiamo fare un passo indietro.
In sostanza esistono due tipi di upcycling: quello pre-consumer e quello post-consumer. Il primo tratta materiali e tessuti che il consumatore non ha mai potuto utilizzare. Questi vengono recuperati e riciclati in maniera creativa per ottenere prodotti, arredi e capi di vestiario esteticamente migliorati e concettualmente rivisti per aumentare il valore percepito. Il secondo invece è il classico riciclo di materiale o vestiario usato. Anche in questo caso il fine è quello di trasformarlo in qualcosa di riutilizzabile, utile e di economicamente più valido in ottica design.
L’upcycling viene scambiato per avanguardia per via della sua concezione prettamente artistica, e ci può stare, ma in realtà si tratta di un fenomeno molto pragmatico e attuale, oltre che innovativo.
Il suo contrario è il downcycling, il riciclo comune, che si limita a convertire il materiale usato in nuovo materiale, senza necessariamente conferirgli una qualità migliore. Tutt’altro.
La differenza sostanziale è che l’upcycling si pone l’obiettivo di migliorare la qualità di un prodotto in ogni sua caratteristica: fisica, emozionale ed economica. E non è poco. Se il riciclo classico in qualche modo è utile dal punto di vista ambientale per la lotta allo spreco, l’upcycling mantiene il principio di fondo e si pone l’ulteriore obiettivo nobile di rendere bello ciò che nella concezione classica del riciclo viene visto come un ripiego, o ancora meglio, di nobilitare una parola che abbiniamo troppo facilmente a termini quali rifiuto e sinonimi vari.
Moda e cibo
L’industria della moda è una delle più inquinanti al mondo, basta aprire l’armadio per capirlo. La quantità di vestiti inutilizzati sparsi nel mondo ha fatto aprire gli occhi a tanti colossi della moda che hanno inglobato nei loro business model una voce dedicata al riciclo e all’upcycling contribuendo alla creazione di quella che viene definita moda sostenibile. Dai prodotti preesistenti, riacquistati o invenduti nascono modelli di vestiario di tendenza migliori e nuovamente indossabili. NB. le collezioni Levi’s in collaborazione con Vogue sono denominate proprio “Levi’s upcycling”. Anche Gucci applica con profitto l’upcycling e il design circolare.
Avendo la pandemia velocizzato un processo che già si era fatto strada in tanti settori, non poteva rimanere fuori un mercato come quello del food che dagli scarti alimentari ha compreso come questi possano essere una risorsa assolutamente da standardizzare per essere inserita stabilmente negli ingranaggi dell’economia mondiale. Il marketing dell’antispreco e del cibo sostenibile è stato ed è ancora una leva eccezionale per velocizzare e migliorare i processi di produzione upcycled e la percentuale di prodotti certificati si sta espandendo sempre di più. Nel caso del cibo l’upcycling (food upcycling) consiste sostanzialmente nel recupero di ingredienti solitamente destinati ad impieghi secondari ed elevati ad un utilizzo più nobile, distinguibile in prodotti totalmente upcycled, prodotti che contengono una percentuale upcycled e prodotti che contengono ingredienti upcycled.
Visti i progressi evidenti di questi ultimi anni, la mobilità sostenibile, il riciclo virtuoso e la cura dell’ambiente diventeranno parte sempre più integrante del nostro quotidiano. La sensibilizzazione verso questi temi ci vedrà sempre più partecipi e sarà sempre più difficile starne fuori. Per fortuna.
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_Damiano Cancedda