In occasione della Giornata Internazionale dell’Orango riflettiamo sulle specie in pericolo e su come proteggerle
Come ogni anno, il 19 agosto, si festeggia la giornata internazionale dell’orango che deve il suo nome, in malese orang-utang (uomo delle foreste), proprio alla sua predilezione per il trascorrere il tempo sugli alberi. Un privilegio che da anni ormai non gli è più sempre concesso. Ad oggi di questo animale si conoscono appena tre specie tra Sumatra e Borneo, tutte con il tempo contato: già nel 2019 si prospettava che mancassero appena 10 anni alla sua completa estinzione mentre il sito del WWF lo “etichetta” come specie in pericolo critico. Ma non è il solo. Sono moltissime le specie che rischiamo di non poter più vedere nei prossimi anni. E la causa siamo proprio noi umani. L’operato dell’uomo e la sua corsa verso il perenne progresso economico ne minacciano da decenni la sopravvivenza e il rischio è di giungere a un punto di non ritorno.
Greenpeace vs Nestlé (e l’olio di palma)
La questione della salvaguardia dell’orango non è di certo storia recente, al contrario ci accompagna da diversi anni, come quella di molti altri del resto. Qualcuno di voi sicuramente si ricorderà quando nel 2010 Greenpeace si scagliò duramente contro il brand Kit Kat per l’utilizzo di olio di palma proveniente dalle foreste indonesiane. Quello che si scatenò ai tempi fu una vera e propria “occupazione” da parte degli attivisti di Greenpeace, travestiti da orango, all’interno degli uffici della multinazionale Nestlè in Inghilterra, Germania e Olanda. A chiudere il cerchio, alle ore 12 dello stesso giorno, fu poi la pubblicazione online di un video di denuncia (ATTENZIONE, IMMAGINI FORTI) che calcava ancora di più la mano sulle azioni e collaborazioni “torbide” di Nestlé a svantaggio della flora e fauna locale. Nello specifico il mirino era puntato contro Sinar Mas, produttore di olio di palma in Indonesia, con cui veniva richiesto a Nestlè di interrompere immediatamente i rapporti e dare una tregua alle foreste e ai loro abitanti. La sostituzione del fornitore di olio di palma non si fece attendere, anche se Greenpeace, non contenta, non si fece sfuggire la relazione della multinazionale con una società sussidiaria di Sinar Mas. Insomma, un nulla di fatto.
Perché gli oranghi sono in pericolo?
Dopo questo breve aneddoto, non possiamo non pensare a come da quel 2010, dopo 11 anni siamo esattamente nella stessa situazione. Peccato, perché è notizia di pochi giorni fa che il Panda ce l’ha fatta, è salvo, e sarebbe bello poter leggere ogni giorno novità così incoraggianti. Cosa si dovrebbe fare allora per invertire la rotta? Prima di tutto, si dovrebbe pensare di più alle risorse naturali che ci circondano e ridurre drasticamente la percentuale di deforestazione, causata dall’incessante ricerca di spazio per le piantagioni di palma da olio. La mancanza di alberi, il loro habitat naturale, spinge gli oranghi a cercare riparo e sostentamento altrove, rischiando così, oltre a essere uccisi per i danni che causano, di essere cacciati illegalmente. Delle tre specie ancora viventi si distinguono: l’orango del Borneo (circa il 90% di tutti gli esemplari) e le due specie di Sumatra (il 10% restante). Ad oggi, secondo i dati forniti dal WWF, si contano 70.000 individui complessivi tra le tre le specie.
Salvare gli animali in pericolo, una scelta dopo l’altra
Le attività semplici ma concrete che tutti noi possiamo compiere per la salvaguardia non sono poche. Partiamo subito con il dire che l’olio di palma, sia per motivi di salute sia per il suo contributo negativo al benessere del Pianeta, dovrebbe essere ridotto nel consumo all’interno degli alimenti e nella produzione di prodotti. Soprattutto, l’impegno dovrebbe essere quello di scegliere con coscienza quali prodotti acquistare e a quali aziende produttrici affidarsi. Informarsi sui metodi di produzioni e sulla filosofia aziendale potrebbe essere un primo passo.
Un’altra mossa positiva è scegliere unicamente legno con il logo FSC applicato (Forest stewardship Council®) così da avere la certezza di ricorrere solo a legname certificato sostenibile e proveniente da foreste sottoposte a rigidi standard ambientali, sociali ed economici. In sostanza, si evita così di togliere alberi dalla circolazione e che gli oranghi e altre specie si ritrovino senza casa.
In giorni di ferie estive come questi, meglio rendere le vacanze più green? Un’idea potrebbe essere l’ecoturismo. Qui sul blog di Eicom ci siamo spesso interessati alla tematica proponendovi alcune alternative ecosostenibili per le vacanze: viaggi a basso impatto ambientale e hotel ecosostenibili. Infine, ultima ma non meno importante, possiamo tutti sostenere una buona causa diventando volontari di enti che hanno come missione quella di proteggere il Pianeta, partecipando ai campi di volontariato per esempio.
Quali sono gli altri animali in via di estinzione?
Quella dell’orango è solo una delle tante storie degli animali in via d’estinzione. E la conferma arriva ogni anno dall’IUCN, l’Unione internazionale per la conservazione della natura, l’ong internazionale con sede a Gland in Svizzera che ogni anno redige una lista rossa in cui vengono elencate tutte le specie a rischio di estinzione. Chi possiamo ancora salvare? La lista dell’IUNC, in continuo aggiornamento, suddivide le specie a rischio secondo tre parametri: “critically endangered” (in pericolo critico), “endangered” (in pericolo) e “vulnerable” (vulnerabile). Le cifre che accompagnano queste categorizzazioni raggiungono le migliaia, quasi 3.500 specie per i critically endangered, poco più di 5.400 quelle endangered e oltre 5.500 le vulnerable. Il panda, ora, si trova proprio nella categoria dei vulnerabili. Tra gli animali che rischiamo di non rivedere nei prossimi anni nel mondo vale la pena ricordarne alcuni. Il primo di questi è il rinoceronte di Giava (appena 60 esemplari), gorilla di montagna (680 esemplari), leopardo dell’Amur (103 ancora in natura), Cebo Dorato (180 censiti), tartaruga gigante di espanola, elefante di sumatra (2.000 esemplari), orango di Tapanuli (800) e la vaquita che con solo 12 esemplari, è costantemente monitorata. Senza andare troppo lontano, ci basta guardare a casa nostra le specie in pericolo. Iniziamo subito con il lupo che ad oggi conta 2.500 esemplari, l’orso bruno marsicano di cui se ne contano 50 nel centro Italia, l’aquila del Bonelli, lo stambecco alpino, la pernice bianca, la trota mediterranea e anche alcune specie di farfalle diurne.
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_ di Alice Nicole Ginosa