Innalzamento dei mari, siccità e catastrofi costringono le popolazioni più vulnerabili a spostarsi
Gli effetti dei cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti: tra i tanti ricordiamo i ghiacciai che si sciolgono, gli eventi atmosferici improvvisi e devastanti, le catastrofiche siccità. Le temperature record registrate in Italia sono effetto dello stesso grande problema. C’è un aspetto, tuttavia, che spesso viene trascurato quando si parla di cambiamento climatico, ovvero la condizione di estrema vulnerabilità a cui sono costrette alcune popolazioni del mondo, vittime più di altri dell’aumento delle temperature globali e obbligate a dover migrare per poter coltivare, mangiare, vivere: vengono chiamati migranti climatici.
Nel 2020 sono stati 30 milioni, entro il 2050 si stima cresceranno a 200 milioni.
Sopravvivere tra cambiamenti e catastrofi
La crisi alimentare, idrica, di coltivazione e di sussistenza, non è uno scenario del futuro per le comunità vulnerabili: è già realtà. Come spiega l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM), “alcuni elementi dell’attuale crisi climatica influenzano le migrazioni: da un lato troviamo processi come l’innalzamento del livello del mare, la salinizzazione del suolo per uso agricolo, la desertificazione e l’aumento della scarsità d’acqua. Dall’altra fenomeni meteorologici estremi come uragani, cicloni e alluvioni. La decisione di migrare, tuttavia, deriva anche da fattori che amplificano la già terribile condizione di disagio, come le scarse risorse economiche, il contesto sociale, le politiche governative, la crescita smisurata della popolazione e la resilienza delle comunità ai disastri naturali”.
Migrazioni crescenti e misure necessarie
Le popolazioni che si trovano a migrare per i cambiamenti climatici sono principalmente quelle dell’Africa subsahariana, dell’Asia meridionale e dell’America Latina. Queste, nella maggior parte dei casi, si spostano in altre zone dello stesso Stato e, solo estrema necessità, migrano all’estero. Purtroppo il quadro di sviluppo per i prossimi anni non è incoraggiante: secondo la IOM, infatti, entro il 2050 i migranti climatici cresceranno a circa 200 milioni (30 milioni quelli stimati nel 2020). La situazione, è chiaro, deve essere gestita con manovre e misure efficaci, progettate e attuate da, e in, tutto il mondo.
Ora tocca ai vertici internazionali: leader, unitevi!
A tal proposito il tema delle migrazioni climatiche è stato trattato durante lo United Nations Food Systems Pre-Summit, che ha avuto luogo dal 26 al 28 luglio a Roma. I 500 delegati provenienti da tutto il mondo (alcuni in presenza e altri collegati online) hanno dibattuto anche sulle cause e sugli effetti che i mutamenti ambientali generano sulla vita delle popolazioni vulnerabili del Pianeta. Delle molteplici proposte si tratterà a settembre a New York durante il vero e proprio incontro internazionale. Un’occasione fondamentale per “cambiare rotta” e fare in modo che non siano più le persone più in difficoltà a dover “cambiare strada”.
Il clima sta cambiando a causa dell’attività umana,
per fortuna molte storie dimostrano che tentiamo di rimediare!
_ di Marilisa Cattaneo