Greta Thumberg accusa duramente l’industria della moda. E ha ragione
La moda etica e sostenibile? La maggior parte delle volte si tratta di puro e semplice greenwashing. Bisogna cambiare il sistema moda dall’interno, prima che sia troppo tardi. Parola di Greta Thumberg, che proprio sulle pagine della Bibbia della moda ha accusato l’industria del fashion, il cui impatto ambientale è altissimo, oltre ogni aspettativa.
Nella foto di copertina, scattata da Alexandrov Klum, Greta Thunberg indossa un impermeabile e un abito a fiori ed è ritratta mentre accarezza un cavallo. Una scelta – quella di apparire su Vogue – che potrebbe sembrare in contraddizione con la battaglia ambientalista portata avanti dall’attivista svedese fin da quando aveva tredici anni. Oggi che non è più una “ragazzina”, ma è diventata maggiorenne, dice: “Molti stanno facendo sembrare che l’industria della moda stia iniziando ad assumersi le proprie responsabilità, spendendo cifre enormi in campagne in cui si dipingono come ‘sostenibili’, ‘etiche’ e ‘verdi’. E ancora ‘climaticamente neutre’ ed ‘eque’. Ma cerchiamo di essere chiari: questo non è quasi mai altro che puro greenwashing”.
Il costo ambientale di una banale maglietta
Studi e rapporti pubblicati da osservatori internazionali dimostrano che il settore tessile, soprattutto quello legato alla Fast Fashion delle catene di abbigliamento a basso costo, usa una quantità smodata di terreno e di acqua per creare e trasportare vestiti in tutto il mondo destinati ad avere vita breve, finendo in discarica a ritmi sempre più serrati. Una banale maglietta per essere prodotta richiede mediamente 2.700 litri d’acqua, mentre per un paio di jeans si sfiorano i 10 mila litri, utilizzando una grande quantità di sostanze chimiche, circa 3.500. Di questi, 750 sono state classificate come pericolose per la salute umana e 440 come pericolose per l’ambiente. Coloranti, agenti fissanti, ma anche pesticidi e insetticidi usati nelle coltivazioni di cotone.
Il Parlamento Europeo ha pubblicato un’infografica in cui stima che l’industria tessile e dell’abbigliamento solo nel 2015 ha utilizzato globalmente 79 miliardi di metri cubi di acqua. Per avere un termine di confronto, nel 2017 il fabbisogno dell’intera economia dell’Unione Europea ammontava a 266 miliardi di metri cubi.
È anche una questione di giustizia sociale
Cambiare attitudine alla moda e fare delle scelte più consapevoli significa non solo avere a cuore la salute del pianeta ma difendere la giustizia sociale. Gli effetti del cambiamento climatico, infatti, si ripercuotono soprattutto nei paesi più poveri, e il motivo è presto detto: è nei paesi poveri che la manodopera costa poco, i vincoli ambientali sono minori e i Big della moda hanno portato i propri centri di produzione.
E poiché non è possibile “produrre la moda in serie oppure consumare in modo ‘sostenibile’ pensando a come è strutturato il mondo oggi”, cambiare il sistema della moda è una questione urgente che riguarda sia chi produce sia chi consuma. Come ribadito in occasione del suo diciottesimo compleanno, la stessa Greta non compra un vestito nuovo da ben tre anni, e da tempo ha scelto di acquistare solo vestiti di seconda mano.
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_ di Stela Xhunga