Adottare nuovi modelli sostenibili per smaltire i rifiuti che produciamo è una questione fondamentale e quantomai impellente dal punto di vista ambientale. Per questo è particolarmente esemplare l’approccio che è stato adottato dai Comuni di Sesto San Giovanni, Cologno Monzese, Cormano, Pioltello e Segrate quando, ad un paio d’anni dallo spegnimento di un termovalorizzatore nell’area di Sesto San Giovanni, hanno deciso di trasformare l’area in qualcosa di diverso: non più incenerire i rifiuti, ma riconvertire gli scarti in una nuova risorsa, creando valore aggiunto.
Un ottimo proposito che però rischiava di entrare in conflitto con una serie di realtà, economiche ma ancor di più sociali: gli impianti per lo smaltimento dei rifiuti scatenano spesso una sindrome NIMBY (Not In My Backyard) nei residenti, i quali avrebbero potuto guardare all’idea con perplessità quando non con ostilità, per di più in un’area densamente popolata come l’hinterland milanese.
Circolarità è partecipazione
La soluzione è arrivata adottando uno dei princìpi della circolarità, ovvero aprendo il dialogo con gli altri attori sul territorio – i residenti appunto – e coinvolgendoli attivamente nella progettazione della riconversione: è così che è nato il BioPiattaforma Lab, promosso e coordinato dai Comuni, dal Gruppo Cap (che gestisce il servizio idrico integrato nella Città Metropolitana di Milano e in diversi comuni delle province) e dal Core (Consorzio Recuperi Energetici).
Il progetto del Lab è cominciato con lo svolgimento di otto incontri aperti tra gli esperti e la popolazione – da novembre 2018 a settembre 2019 – , durante i quali si è avviato un percorso partecipativo per stimolare il dibattito pubblico e il contributo propositivo dei cittadini.
Le idee che sono emerse sono state valutate una ad una dai tecnici di Cap e Core, che hanno fornito un feedback; di queste, trenta sono state inserite tra le specifiche del bando per la redazione del progetto finale dell’impianto.
L’innovazione della Biopiattaforma
Il risultato è stato il progetto definitivo della BioPiattaforma: l’impianto, a zero emissioni fossili, sorgerà nell’area del vecchio termovalorizzatore e unirà allo smaltimento rifiuti anche il vicino impianto di depurazione dell’acqua, che tratta i reflui fognari industriali e civili della città di Sesto. L’operazione si fonda su una visione concreta di simbiosi industriale: nella biopiattaforma infatti verranno trattati, in due linee separate, i fanghi prodotti dai depuratori del Gruppo Cap e i Forsu (frazione umida dei rifiuti urbani) dei Comuni che fanno parte di Core.
I fanghi verranno trasformati per il 75% in calore destinato al teleriscaldamento, il 25% diventerà fosforo da impiegare in agricoltura e l’acqua depurata risultante sarà utilizzata per irrigare i parchi limitrofi o reimmessa nel fiume Lambro; il materiale proveniente dai rifiuti umidi sarà invece trattato per diventare biometano. Il tutto abbassando del 76% le emissioni di fumi nocivi rispetto all’impianto attuale e annullando quelle di molecole climalteranti, nonché generando, secondo la stima dei Gruppo Cap, ben 547 posti di lavoro contro gli attuali 43.
Ma non sarà solo questo: la piattaforma, essendo un progetto unico in Italia, sarà destinata ad ospitare ricercatori e startup per studiare ed ampliare questo modello di circolarità grazie alla collaborazione con le Università di Verona e di Milano Bicocca, il Politecnico di Milano e il Cnr, tutti partner del Progetto Europeo Smart Plant nell’ambito degli obiettivi di Horizon 2020.
Un patrimonio di tutti
La gara per la realizzazione della BioPiattaforma è stata successivamente vinta dalla società di ingegneria TBF + Partner AG, che aveva curato anche la parte preliminare e che ha una case history internazionale in questo tipo di progetti; i primi lavori sono previsti a partire da Giugno di quest’anno. Nel frattempo, dal Lab di progettazione partecipata si è sviluppato il RAB (Residential Advisory Board), un gruppo di controllo e monitoraggio dell’opera.
Il caso di questa BioPiattaforma nell’hinterland milanese non ha solo dell’innovativo perchè è un esempio concreto di sviluppo sostenibile in Italia nei suoi obiettivi, nelle sue linee guida e nelle sue modalità, ma anche e soprattutto perché mostra chiaramente come una transizione verso un’economia circolare può diventare un discorso condiviso e partecipato quando i residenti vengono coinvolti, diffondendo la consapevolezza che i progetti sostenibili sono un patrimonio comune che valorizza il territorio.
_ di Claudia Rolletto
Bel contributo. Grazie e spero di leggerne altri così