Non dovendosi recare sul posto di lavoro, si riducono le emissioni: ricerche e sperimentazioni offrono un quadro chiaro sui vantaggi del lavoro agile
Un famoso proverbio recita: “Di necessità, virtù” e in questo difficile periodo di emergenza per la Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2, conosciuta come SARS-CoV-2, forse, nessun’altra espressione è più azzeccata. A seguito delle restrizioni preventive dettate dal DPCM dell’11 marzo 2020, moltissime attività e imprese hanno dovuto limitare o sospendere il lavoro all’interno dei propri uffici e affidare la propria produttività allo smart working. Questo tanto discusso e chiacchierato lavoro agile, quello che per alcune imprese, solo qualche mese fa, si configurava come una lontana opzione, nell’arco di qualche giorno è diventato una realtà.
Strumenti e vantaggi
Nella tranquillità e nella sicurezza della propria casa, molti dipendenti di aziende private, ma anche di enti locali e pubblica amministrazione, hanno allestito la loro postazione e hanno dato il via all’attività da remoto per garantire servizi e continuità produttiva. Tre gli strumenti indispensabili dello smart worker compaiono telefono, computer, connessione internet e una buona dose di organizzazione. I vantaggi sono innumerevoli e, come illustrato da alcune ricerche tra cui quelle condotte dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, si spazia dalla flessibilità e l’autonomia del lavoratore (che può scegliere come e dove lavorare) ma anche l’incremento di produttività e una migliore conciliazione lavoro-famiglia, che rende meno stressato il dipendente.
A Mantova il progetto “Smart Companies”
Lo smart working, tuttavia, fa bene all’azienda, al lavoratore e anche all’ambiente. Non dovendo spostarsi con auto o con mezzi pubblici per raggiungere la propria azienda, il risparmio in termini di inquinamento è considerevole: sul tema ci sono già state sperimentazioni, come “Smart Companies Mantova ” condotta dal Comitato imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Mantova in collaborazione con ATS, Regione e Comune. Nel territorio lombardo la durata di questo “banco di prova” è stata di tre anni, dal 2017 al 2019. Protagoniste sono state 21 imprese di diverse dimensioni, per un totale di 247 dipendenti coinvolti nel progetto pilota.
Risparmio per tutti
In termini di tempo, ogni lavoratore ha risparmiato mediamente 56 minuti di viaggio da/per la sede aziendale, pari a circa 45 ore annuali, utilizzate per attività ricreative, sportive, tempo in famiglia che altrimenti sarebbero state sacrificate in auto, treno o bus. In termini di spazio, sono stati risparmiati più di 304 mila chilometri, equivalenti a circa 42 tonnellate di anidride carbonica in meno liberate nell’aria: basti pensare che per assorbire questa quantità di emissioni sarebbero stati necessari 2.792 alberi. Tutto questo, sotto un profilo economico, offre soddisfazioni sia per le aziende che per i lavoratori: i 247 smart workers coinvolti nei tre anni hanno accumulato un risparmio complessivo di 780 mila euro (circa 22 euro pro capite al giorno tra spese di trasporto, dopo scuola, baby sitter) mentre le aziende hanno risparmiato circa 513 euro all’anno per ogni smart worker coinvolto nel progetto, grazie a una maggiore produttività.
Tra potenzialità e organizzazione
Tutti concordi, quindi: se da una parte lo smart working non può sostituire completamente il lavoro “face to face” in ufficio, può essere integrato nel lavoro tradizionale, forte dei numerosi vantaggi che porta in dote. La posta in gioco non è banale: benessere aziendale, mentale e ambientale e il nostro Paese ha capito, in una situazione di emergenza, che basta un piccolo sforzo per dotarsi di ciò che occorre per essere agili e performanti, sfruttando le potenzialità di tecnologia, organizzazione e rimodulazione aziendale: quando si dice “Di necessità, virtù”!
_ di Marilisa Cattaneo