L’azienda ha deciso di accettare la richiesta della Commissione UE durante l’emergenza
L’esponenziale aumento dello smart-working per tutti i dipendenti delle aziende private e pubbliche, senza contare i liberi professionisti che già operavamo quotidianamente da casa, ha portato la rete non solo italiana, ma anche europea, a ritrovarsi congestionata. Per questo motivo si è cercato di convincere i principali sistemi che usufruiscono delle reti internet a limitare la propria potenza di fuoco. Tra questi era inevitabile non catalogare anche Netflix, leader mondiale della distribuzione di contenuti video on demand e in streaming: nonostante la piattaforma permetta da sempre il download su device e PC dei vari film ed episodi delle serie tv, la maggior parte degli utenti fruisce dei contenuti esclusivamente in streaming, congestionando le reti, soprattutto in questo periodo in cui tutti si collegano dalle proprie abitazioni durante la giornata.
Cosa ha chiesto la Commissione UE
La richiesta fatta pervenire a Netflix da parte della Commissione dell’Unione Europea, in particolare modo dal membro Thierry Breton, riguardava quindi la riduzione dello streaming di contenuti alla risoluzione SD, così da bloccare sia l’HD che l’altrettanto dispendioso 4K, formato presente in minor misura in Italia, ma comunque protagonista di una buona fetta di distribuzione nel resto d’Europa. Così facendo, secondo Breton, le infrastrutture delle Telco avrebbero visto alleggerito il proprio carico e la congestione sarebbe stata scongiurata, così da permettere a tutti i fruitori delle reti internet di usufruire di una connessione molto più libera e scevra da rallentamenti causati dall’on demand.
La risposta di Netflix è stata positiva a metà: il colosso della distribuzione video ha infatti deciso di ridurre il bitrate del servizio, non la qualità dell’immagine, per esattamente trenta giorni. Così facendo, Netflix non ha ridotto la qualità dello streaming, ma della quantità di dati digitali trasferiti in un dato intervallo di tempo. Senza impedire, pertanto, la fruizione di contenuti in HD o in 4K, si è andato comunque a compiere un lavoro che permetterà alla linea di essere congestionata, aumentando i tempi di caricamento da parte di tutti gli utenti. Va da sé che si tratta di un compromesso al quale si è scesi per rispettare il momento prettamente di emergenza, che ha richiesto a tutti uno sforzo, a partire da chi usufruisce di contenuti on demand. Le soluzioni potrebbero essere diverse, a questo punto: dall’effettuare il download dei contenuti che interessano in maniera preventiva oppure pazientare qualche secondo in più per avere un contenuto sempre in alta definizione, ma che appesantisce decisamente meno la connessione dell’intera Unione Europea.
Cosa comporta l’azione di Netflix
Andando ad analizzare dal punto di vista numerico tale riduzione, Netflix ha tagliato del 25% il bitrate medio: questo significa una maggiore compressione dei file e, come confermato anche nei giorni successivi dalla stessa azienda, nessun tipo di abbassamento di qualità della risoluzione video. Contestualmente, però, Breton ha avanzato anche una richiesta all’utente finale stesso, là dove la società guidata da Reed Hasting non ha voluto, o potuto, intervenire: a tutti i fruitori è stato richiesto di attivare la riproduzione dei video in streaming in SD quando la risoluzione HD non è necessaria. Basti pensare a contenuti che risalgono a più di vent’anni fa, girati non in alta definizione e che quindi non avrebbero modo di beneficiare di una risoluzione maggiore a quella SD. D’altronde i dati dei weekend durante la quarantena hanno riportando un aumento del traffico di rete pari a oltre il 20%, per la maggior parte riconducibile proprio allo streaming video.
Tutto questo si ricollega a un’analisi ben chiara del fenomeno dello streaming e dell’on demand, da sempre in grande crescendo: basti pensare che già nel 2018 il 19% degli utenti con un collegamento internet attivo ha regolarmente utilizzato i servizi a pagamento di Netflix e Amazon Prime Video. Il valore del mercato è subito balzato a 177 milioni di euro soltanto in Italia, registrando un aumento annuo del 46%. Le PayTV oramai sembrano esser state surclassate, anche a fronte del fatto che Netflix e servizi analoghi sono nati e pensati per essere fruibili su qualsiasi device in grado di supportare una connessione a internet, leggasi uno smartphone o un tablet, e soprattutto anche in viaggio all’estero, diversamente da Sky. Con 32 milioni di utenti in Italia al momento in possesso di un dispositivo per navigare in rete è facile immaginare la portata che possono avere tali servizi, anche a fronte di un costo molto ridotto: attualmente, infatti, è proprio Netflix la piattaforma più costosa, con un tetto di 15,99 euro al mese per avere il pacchetto più completo. Il neo arrivato Disney+, invece, si attesta sui 6,99 al mese, risultando il più economico senza tener conto di Amazon Prime Video, totalmente gratuito per chi è abbonato ad Amazon Prime, il servizio per le consegne rapide legato al più grande marketplace attualmente disponibile al mondo.
Quali sono i dati dell’on demand in Italia
Nel 2019, nonostante i costi appena elencati, Netflix è stata la prima scelta degli italiani, raggiungendo il 46% di preferenze, percentuale che sale al 59% se si considera come campione di analisi soltanto la fascia più giovane degli utenti che usufruiscono di internet. Al secondo posto invece si trova Amazon Prime Video, che è la prima scelta del 27% degli utenti finali, probabilmente incentivati dall’accordo pre-esistente con Amazon: all’ultimo posto, a testimonianza di come le PayTV stiano oramai soffrendo il confronto con i servizi on demand, Sky Go, con appena il 19% delle preferenze. Altri dati importanti di cui tener conto è che chi usufruisce di tali piattaforme lo fa per guardare film (il 69%) e serie TV (il 68%), con maggior attenzione al long form cinematografico quando si pone l’accento anche sulle fasce d’età più avanzate, che lo preferisce alla serie tv.
Con questi dati alla mano è facile intuire quanto la rete internet sia congestionata dalla fruizione di contenuti video: uno dei più grandi passi avanti dell’entertainment in questi anni, d’altronde, è stato proprio il fenomeno del binge-watching, che ha permesso anche la massificazione delle serie tv e dei film stessi, divenuti di più facile reperimento e fruizione sul divano di casa, diminuendo contestualmente anche il fenomeno della pirateria e di una serie di piattaforme illegali che distribuivano contenuti oramai a disposizione per pochi euro al mese. Una massificazione che adesso, però, sembra essere diventata un problema per la nostra rete: Netflix ha trovato una soluzione, ma solo fino a metà aprile, poi bisognerà tornare ad aggiornarsi per capire in che modo si potrà tornare ad avere una rete internet meno congestionata.
_ di Mario Petillo