Qual è l’impatto della musica dal vivo sull’inquinamento e chi sono gli artisti con una sensibilità green?
Quando inquina un concerto? Sarà strano pensarlo ma anche la musica dal vivo può avere un grande impatto sull’ambiente in cui viviamo in termini di rifiuti prodotti e di peggioramento dell’aria che respiriamo. Pensiamo solo alle tonnellate di plastica che si accumulano durante un evento di musica live che mobilita una folla di spettatori. O allo spostamento di migliaia di persone: chi raggiunge la location per ascoltare la musica, gli artisti e il loro staff, i tecnici che allestiscono il palco, gli agenti in servizio per la sicurezza o il personale sanitario. Un numero particolarmente significativo, che può darci una idea di quello di cui stiamo parlando, è quello delle bottiglie di plastica rimaste per terra dopo l’edizione 2017 del festival di Glastonbury. Dai primi anni ’70 questa cittadina inglese è diventata famosa per il Glastonbury Festival of Contemporary Performing Arts, ormai evento di riferimento per gli appassionati di musica rock. Solo tre anni fa il Festival si era fatto notare negativamente per aver prodotto ben 1,3 milioni di rifiuti di plastica. Un esempio di deregaulation che ha fatto un tale scalpore nel Regno Unito da aver d’altro canto contribuito ad avviare una svolta green nelle priorità degli organizzatori del festival.
Dagli artisti partono le prime campagne di sensibilizzazione
Dal 2018 a Glastonbury sono state vietate bottiglie e bicchieri di plastica monouso e gli eventi musicali sono stati programmati insieme ad iniziative di sensibilizzazione alle questioni legate ai cambiamenti climatici dovuti all’inquinamento. Quello che l’arte e gli artisti possono fare per l’ambiente è molto. Gli artisti sembrano essersene finalmente accorti. Tanto è vero che cresce sempre di più il numero di cantanti italiani e stranieri che si stanno organizzando per rendere i propri eventi di musica dal vivo sostenibili per il pianeta. Il coinvolgimento di un pubblico così vasto in questi eventi permette anche di portare avanti campagne di sensibilizzazione che hanno un grande impatto sull’opinione pubblica. Non si tratta solo di spiegare al pubblico che sarebbe più opportuno raggiungere i luoghi del concerti con dei mezzi pubblici invece che con la propria auto o che la plastica non va abbandonata al suolo a fine concerto ma buttata nei contenitori della raccolta differenziata. Si tratta piuttosto di disincentivare l’uso stesso della plastica in favore di materiali biodegradabili e non usa e getta o delle vecchie borracce.
Ma soprattutto di sfruttare la propria immagine e la propria popolarità per dare il buon esempio. Alcuni artisti, consci delle emissioni di CO2 inevitabilmente emesse dalla propria esibizione live, hanno optato per la compensazione delle emissioni. In Italia il cantante emiliano Ligabue è stato fra i primi ad aderire a questa soluzione, mentre Eros Ramazzotti ha contribuito alla costruzione di una centrale di energia pulita in Perù per assorbire le emissioni di gas serra dei suoi concerti. Altra soluzione, non meno valida, è stata adottata da artisti quali Tiziano Ferro, Giorgia e Jovanotti, che hanno invece preferito puntare su progetti di riforestazione in varie parti del mondo, sempre nell’ottica della compensazione dell’inquinamento prodotto dal proprio evento.
La piantumazione di nuovi alberi compensa le emissioni di CO2
Già nel 2008 Lorenzo Cherubini, in occasione del Safari Tour, aveva legato all’acquisto del biglietto del concerto la possibilità di ripiantare un albero con il proprio nome. Anche all’estero un numero sempre più alto di artisti ha scelto di trasformare le proprie performance in occasioni per pensare ai bisogni del pianeta con un coinvolgimento attivo del pubblico. Nell’elenco delle star che hanno legato i propri concerti a messaggi di sostenibilità ci sono gli U2 e Morrissey dei The Smiths, musicista e animalista che durante i concerti in cui si esibisce vieta espressamente il consumo di carne, ritenuta fra le principali produttrici di CO2. Oltre alle personali iniziative degli artisti, esistono anche festival e rassegne musicali improntate sulla cultura per dell’ambiente. Nell’agosto 2019 il Ferrara Buskers Festival, ha voluto distinguersi per un vero e proprio evento ad impatto zero, con tantissime iniziative per ridurre gli sprechi e vivere la manifestazione in modo green. Dal trasporto condiviso ai laboratori creativi di cucina vegetariana, dalla raccolta differenziata in loco all’artigianato sostenibile.
Va detto però che non tutti i progetti di musica live eco-friendly sono andati a buon fine.
Un caso famoso di fallimento è quello dei Coldplay che tentarono di compensare le emissioni di CO2 derivate dalla creazione dell’album “A Rush of Bood to the Head” piantando 10 mila alberi di mango nel sud dell’India. Le operazioni furono affidate a popolazione locale non attrezzata e il risultato fu che quasi nessuno degli alberi attecchì e quelli che lo fecero morirono subito dopo per mancanza di acqua o di un luogo idoneo. Fra successi e fallimenti, l’obiettivo principale rimane quello di imparare dagli errori e non ripeterli. Pensiamo per un attimo un evento simbolo della musica rock: i tre giorni di Woodstock. Gli allora 350mila spettatori lasciarono 1400 tonnellate di rifiuti sui prati di Winston Farm a Bethel. Cinquant’anni dopo una cosa del genere non potrebbe più ripetersi perché sia gli artisti che il pubblico sono portatori sani di un cambio di sensibilità radicale in cui la musica e i musicisti stessi sono protagonisti.
_ di Sofia Rossi