Progettare e realizzare nel contesto urbano CON e non solo PER le persone
Spesso si sente parlare di progettazione partecipata: progettare e partecipare, due termini che suggeriscono scenari positivi e costruttivi. “Progettare” significa ideare e studiare le possibilità ed i modi per eseguire qualcosa, dal latino proiectare, cioè gettare avanti; “Partecipare” significa da un lato prendere parte ad un determinato processo, dall’altro esser parte di un organismo, di una comunità.
“La progettazione partecipata in ambito sociale è una metodologia che prevede la collaborazione dei vari attori di una comunità (cittadini, associazioni, destinatari di un’iniziativa, amministratori e tecnici) che, attraverso momenti di elaborazione, vengano coinvolti nell’ideazione o nella realizzazione di un progetto comune che abbia ricadute positive sui partecipanti e il loro gruppo di appartenenza“ (Martini e Torti, 2003).
La progettazione partecipata è una forma di progettazione che implica l’associazione e l’unione di più punti di vista al fine di creare la migliore soluzione possibile in termini di piani, progetti e strategie.
È indispensabile far interagire differenti capacità, competenze ed esperienze. (Jeff Bishop, Bristol UK)
In sintesi gli elementi cardine dei processi di partecipazione sono il coinvolgimento di molteplici attori, la condivisione di idee e soluzioni da parte di tutti i soggetti coinvolti, e la diffusione di consapevolezza dei bisogni futuri della comunità e del luogo in cui essa abita.
Progettazione partecipata ieri e oggi, in Italia e nel mondo
Si inizia a parlare di progettazione partecipata alla fine del XIX secolo con il biologo, sociologo e urbanista scozzese Patrick Geddes (1854-1932) che nel suo “Cities in Evolution” teorizza uno strumento di risanamento e pianificazione della città e del territorio in maniera ecologica, sperimentandolo in svariati recuperi urbani partecipati.
Le idee di Geddes vengono riprese da una ristretta cerchia di architetti nel corso degli anni ’60 e ’70, periodo in cui era molto forte e sentito l’aspetto politico e sociale sia nei processi di pianificazione sia in quelli culturali in genere (ad esempio Comitati di quartiere e Organi collegiali nelle scuole).
A livello internazionale, il Vertice della Terra su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro nel 1992 ha sancito per la prima volta il coinvolgimento dei cittadini nella politica ambientale, quale principio cardine dello sviluppo sostenibile (Principio 10 della Dichiarazione di Rio).
La valorizzazione della partecipazione ha poi trovato ulteriori conferme nel contesto europeo con: la Carta di Aalborg del 1994, la Convenzione di Aarhus del 1998, la Convenzione Europea del Paesaggio del 2000 e la Direttiva sulla Valutazione Ambientale Strategica (VAS) del 2001.
In Italia le esperienze di progettazione partecipata si sono diffuse e consolidate grazie ad alcune normative nazionali (L. 285/97 e L. 328/00) che indirizzano soggetti sociali diversi (servizi comunali, ASL, scuole, ecc.) a stringere collaborazioni per affrontare specifiche problematiche presenti nei loro territori.
Queste normative hanno evidenziato l’importanza di andare oltre il tradizionale modo di procedere nella progettazione degli interventi a scala urbana, denominata progettazione top-down: dall’amministrazione ai cittadini, in quanto troppo specialistica e settoriale, spesso inadeguata ad affrontare i recenti cambiamenti della realtà sociale come: riduzione delle risorse pubbliche, richiesta crescente dei cittadini di controllare l’operato delle amministrazioni, complessità dei problemi da risolvere.
Partecipare si, ma come?
I processi di progettazione partecipata possono configurarsi secondo tre livelli di coinvolgimento dei cittadini:
Il primo livello è costituito dal solo ascolto dei destinatari da parte degli amministratori e dei tecnici al fine di formulare e ricalibrare gli interventi. E’ un metodo molto utilizzato in quanto il potere decisionale rimane nelle mani degli amministratori e le possibilità di incorrere in imprevisti sono ridotte al minimo.
Il secondo livello prevede la partecipazione dei destinatari nelle scelte del progetto.
Gli amministratori individuano un tema e incaricano dei tecnici per la progettazione, questi ultimi formulano una proposta di intervento e i destinatari sono chiamati a discuterla e ad apporre correttivi in modo tale che i tecnici possano rielaborarla alla luce delle osservazioni raccolte.
Malgrado il maggiore coinvolgimento dei destinatari dell’intervento, anche in questo caso la prima e l’ultima parola spettano all’amministrazione pubblica.
Il terzo livello “down-top”, dal basso, è costituto da cittadini che si fanno promotori del processo partecipativo e interrogano attivamente l’amministrazione e i tecnici per affrontare un problema che avvertono come comune e prioritario. In questo caso la comunità gestisce l’intero ciclo di progettazione dall’analisi iniziale del problema, alla definizione dell’intervento, fino alla valutazione finale.
Un piano d’azione vincente
Il conduttore del processo, anche detto facilitatore -cioè colui che facilita-, compito decisamente arduo in determinati contesti nei quali si concentrano grandi interessi economici e/o di potere (ad esempio nella definizione dei Piani di Governo del Territorio) ha diversi compiti in quanto deve facilitare la comunicazione finalizzata per l’appunto alla partecipazione effettiva di tutti i convenuti; deve garantire una corretta metodologia di lavoro, cioè assumere il ruolo di regista e contemporaneamente di ascoltatore “essere aperto all’inatteso, disposto a mettere in gioco i propri punti di vista e le proprie attese”. (Schön, 1993)
Un buon percorso di progettazione partecipata si può schematizzare in cinque passaggi fondamentali:
- Definizione del problema analizzato da più punti di vista secondo competenze e sensibilità di ciascuno dei convenuti;
- Individuazione delle strategie utili a trattare il problema e valutazione delle alternative in termini di costi e benefici;
- Costruzione di accordi tra le diverse esigenze espresse ed esame della loro fattibilità tecnica;
- Definizione delle fasi di realizzazione del progetto e degli attori necessari per eseguirlo;
- Analisi dei risultati delle sperimentazioni e proposte di ri-orientamento attraverso un sistema di valutazione del progetto.
Il processo di progettazione partecipata solitamente riscuote successo ma questo non garantisce dei buoni risultati in quanto può essere facilmente manipolato e strumentalizzato a favore di interessi specifici e impliciti dei soggetti più potenti seduti intorno al tavolo.
Inoltre vi è il rischio “politico” di enfatizzare la partecipazione per presentare come condivise decisioni in realtà già prese in precedenza.
Partecipare e realizzare: crescita diffusa della collettività
La partecipazione contribuisce qualitativamente alla progettazione degli spazi urbani, che vengono valutati dagli esperti e dai residenti più vivibili e rispondenti ai bisogni dei cittadini. Questo perché gli abitanti sono portatori di conoscenze, percezioni e opinioni fondamentali in fase di progettazione.
Gli spazi costruiti in seguito ad un processo partecipativo generalmente sono dinamici, si evolvono con l’uso e stimolano nei partecipanti un senso di appartenenza che si manifesta nella presa in carico collettiva del bene, il che inevitabilmente ne garantisce anche una maggiore durata e minori risorse per gli interventi di manutenzione. Spesso vengono impiegati materiali “poveri” o recuperati, inoltre all’interno della comunità viene messa a disposizione la manodopera necessaria, sotto forma di volontariato, sia per la realizzazione dell’intervento sia per la successiva gestione o co-gestione con l’ente locale.
Alcuni esempi di progettazione partecipata. Sopra, la costruzione di giochi e di una serra nel giardino della scuola. Sotto, rinnovo di una biblioteca a Milano.
La progettazione partecipata tiene conto della pluralità degli interessi presenti in un territorio e della normale conflittualità che si innesca nei processi di cambiamento che, attraverso il confronto, divengono risorsa per una crescita diffusa della collettività ed efficace strumento di contrasto all’attuale tendenza all’isolamento delle realtà urbane contribuendo a dare un senso al vivere comune.
_ di Silvana Olivero – aXis Milano