Ufficialmente non esiste ma sappiamo perfettamente cos’è. Dopo l’Olocene, l’antropocene è già la prossima epoca geologica.
Dopo il pleistocene, l’olocene, e dopo l’olocene, l’antropocene. Questa sembra la strada. C’è solo da decidere una data d’inizio precisa, anche rivolta al passato, e tutto sarà certificato. Ma la nuova epoca geologica, l’antropocene per l’appunto, è già qui in sostanza. l’antropocene siamo noi essere umani in un certo senso e non per niente viene già definita come l’era dell’umanità. Una descrizione all’apparenza romantica e che dice tutto in poche parole, anche ciò che non vorremmo sentirci dire. Quindi: l’antropocene è quell’epoca geologica influenzata dell’essere umano che, con la sua spietata incidenza, ha causato (e sta causando) i più grandi processi geologici di modifiche territoriali e strutturali, oltre che climatiche. Un’attività totalizzante al confine tra bene e male.
L’era dell’umanità
Il termine antropocene, coniato dall’unione dei termini in greco antropos (umano) e kainos (recente), nasce proprio con l’intento di far percepire l’impatto umano e recente dell’homo sapiens sugli equilibri eco-sistemici del nostro caro pianeta Terra. Un termine che non di rado viene presentato sotto una certa chiave filosofica che intende connotarlo come un preludio, se non della fine della natura, di certo, almeno della fine della civiltà così come la conosciamo. Lucida, sapiente ma autodistruttiva. L’antropocene in sostanza segna i confini dell’umanità che si pone al di sopra di ogni fattore ambientale, dall’inizio dei suoi tentativi fino all’effettiva riuscita del controllo totale di questi fattori. Confini che ovviamente mancano di un’apertura e di una chiusura, quest’ultima soprattutto, ancora tutta da scrivere. La concentrazione di CO2 e CH4 nell’atmosfera sono un tratto distintivo dell’antropocene, sintomo chiaro ed evidente dell’influenza che l’uomo genera verso lo stato di salute dell’ambiente terrestre.
Sebbene nei secoli precedenti diverse avvisaglie segnalavano l’accelerazione di un certo tipo di impatto dell’uomo sull’ambiente, mai come nell’ultimo secolo queste accelerazioni si sono mostrate tanto rapide quanto intense e sconvolgenti. L’industrializzazione, segnata dallo straordinario livello di erosione del suolo, l’estinzione di miriadi di specie animali e l’impatto devastante delle armi da guerra sono le tracce evidenti dell’impronta dell’uomo nell’era dell’umanità.
Ma allora tutto è così deprimente? Ovviamente no, ma è pur vero che la parola antropocene in qualche modo disegna consapevolmente i connotati di un’epoca distruttiva che lascia ben poco spazio alla speranza, anche se questa in fin dei conti c’è. E proprio in virtù del fatto che l’uomo ha raggiunto una capacità di controllo ambientale così radicale (e in un certo senso spaventoso), si può pertanto dire che non tutto è perduto. Il progresso scientifico nell’ultimo secolo, proprio quello dell’antropocene, ha dimostrato più volte quanto una singola invenzione possa influire sulle sorti del mondo. Il significato di antropocene potrebbe ribaltarsi e l’ecoansia attenuarsi.
Il “padre” dell’antropocene
Vi abbiamo detto cos’è, ma non vi abbiamo detto chi è il “padre” dell’antropocene. La parola antropocene è farina del sacco del premio Nobel per la chimica Paul J. Crutzen, meteorologo ed ingegnere olandese noto per i suoi studi sull’atmosfera, in particolare sulla composizione dell’ozono. Nel 2000, in un articolo scritto a due mani col biologo Eugene Stormer e pubblicato per la rivista scientifica Nature, Crutzen parlò per la prima volta di antropocene e delle caratteristiche di quella che si stava manifestando come una vera e propria nuova era geologica. Tra le principali peculiarità descritte troviamo:
- L’aumento della popolazione e dei relativi consumi pro capite;
- L’utilizzo di sostanze chimiche in grado di generare inquinamento e degrado;
- La perdita di biodiversità;
- L’aumento di disastri ambientali causati dai 3 punti precedenti.
La più grande prova del vero è proprio inizio dell’antropocene possiamo rintracciarla sui fondali del lago Crawford, in Canada. In questo splendido angolo di Terra i sedimenti atmosferici non si mescolano con l’acqua permettendo così di rilevare precisamente gli strati del terreno che si trasformano in una sorta di calendario che notifica l’impatto dell’uomo anno dopo anno. Ogni variazione della “colorazione” annuale segnala un cambiamento che dice molto sullo state di salute della Terra e soprattutto dal 1950 in poi questi strati parlano chiaramente di una grande accelerazione. E’ l’uomo che agisce, è l’inizio dell’antropocene. Non sarà ufficiale, ma in fondo lo è.
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_Damiano Cancedda