Borse in carta riciclata, involucri facilmente differenziabili: sono i consumatori a chiedere confezioni rispettose dell’ambiente
Oggi che i consumatori sono più attenti alle problematiche ambientali, diversi marchi hanno iniziato a rivedere i propri standard di produzione delle confezioni, scegliendo materiali riutilizzabili e preferendo strutture minimaliste così da consumare meno risorse.
Ma esiste davvero un packaging totalmente sostenibile? Ad oggi le confezioni biodegradabili sono davvero poche (tempo vi avevamo parlato di Notpla, bottiglia in alga per salse e bevande) ma la strada intrapresa negli ultimi anni dimostra notevoli passi in avanti, sia per quanto riguarda l’uso delle fonti rinnovabili nella produzione che per i materiali riciclati e riciclabili scelti dai rivenditori per confezionare i prodotti. Il vetro e l’alluminio rappresentano le soluzioni migliori, potenzialmente riutilizzabili all’infinito senza che perdano le proprie qualità. In ogni caso, la sostenibilità del packaging è diventato un elemento determinante nella battaglia contro i competitor.
Economia circolare e packaging
Se nel mondo è cresciuto l’uso delle fonti pulite e la produzione di bioplastiche (soprattutto nel settore alimentare), l’economia circolare rappresenta l’unica via in grado di ridurre l’impatto inquinante di scatole e contenitori. L’economia circolare, infatti, si basa sul principi della riduzione dei materiali, del riuso e del riciclo e anche nell’ambito del packaging è possibile eliminare elementi superflui come tappi, chiusure, linguette, doppi involucri e dare una seconda vita a un prodotto. Oltre che rispettoso dell’ambiente, un packaging sostenibile risulta funzionale al cliente e aumenta il prestigio del marchio. Basti pensare ai sacchetti in tessuto, rilasciati dagli esercizi commerciali che hanno bandito del tutto i sacchetti in plastica, o alle buste in carta riciclata.
Anche i consumatori possono contribuire alla valorizzazione delle confezioni. Il mondo più semplice è la raccolta differenziata. Dal 1997 esistono i codici di riciclabilità che permettono di riconoscere se un prodotto è riciclabile e il relativo settore di rifiuto. Ad esempio, su una bottiglia in plastica è possibile leggere il materiale con cui sono stati realizzati la bottiglia, il tappo e l’etichetta.
Una filiera sempre più sostenibile e certificata
Purtroppo anche nel packaging il pericolo di pratiche di greenwashing è dietro l’angolo, così negli anni sono nati enti verificatori in grado di stabilire la qualità dei materiali di confezionamento. Uno di questi è RecyClass, organizzazione internazionale che ha il compito di valutare gli imballaggi in plastica e di attribuire classi di voto dalla A alla F a seconda del grado di riciclabilità.
Per dimostrare la propria attenzione molte aziende hanno conseguito certificazioni che stabiliscono la riutilizzabilità degli imballaggi, la possibilità di riciclo e la biodegradazione. Dai produttori fino ai consumatori, ogni attore della filiera può fare la propria parte.
Fuori dall’Europa: cosa accade negli USA
Se conosciamo – almeno a grandi linee – cosa accade in Europa, è interessante capire anche come si muovono gli altri continenti. D’altra parte la lotta all’inquinamento deve essere un atto globale e non è sufficiente l’azione virtuosa di pochi Paesi. Inoltre, osservare cosa accade anche in zone geograficamente molto lontane ci può essere d’ispirazione. Una cosa è certa: per ridurre l’impatto inquinante del packaging l’impegno dei singoli non basta, occorre attuare politiche virtuose per favorire la sostenibilità e fissare limiti. Negli Stati Uniti vari Stati hanno promosso leggi per incoraggiare il riciclo dei materiali. L’Oregon ha imposto ai produttori di confezioni un contributo per la ricerca sul riuso, la California ha approvato una norma che impone di scrivere informazioni chiare nell’etichettatura dei materiali.
Quanto è grave il problema plastica?
Te lo spieghiamo qui, anche in versione audio!
_Matteo Melani