Lo slow fashion è tornato di moda con l’iniziativa Wear me 30 times, il QR code che combatte gli sprechi. Inizia la tua battaglia di consumatore consapevole, basta un selfie!
Ogni volta che acquistiamo un capo d’abbigliamento e lo aggiungiamo al nostro guardaroba, ci chiediamo in quante occasioni lo indosseremo davvero? Nei nostri armadi la quantità di vestiti appesa alle grucce o accumulata nei cassetti è di gran lunga superiore a quella che usiamo nella vita di tutti i giorni. Il rischio a cui si va incontro è di non sfruttare al 100% capi che, indossati a malapena un sufficiente numero di volte, verranno scartati perché troppo vecchi e fuori moda. Cosa si può fare concretamente per incentivarne un uso sostenibile?
Maakola, brand sostenibile made in Ghana, e la svizzera Genuine Way, realtà che sviluppa soluzioni di blockchain per favorire il consumo consapevole, sono le menti dietro Wear Me 30 Times, l’iniziativa slow fashion contro gli sprechi della moda.
La challenge lanciata da Maakola e Genuine Way risponde alla necessità di ripensare il settore del fashion, mettendo freno alla mentalità fast imperante e prediligendo un approccio più slow, in cui apprezzare pienamente i capi dall’inizio alla fine del proprio ciclo di vita. Perché acquistare abbigliamento dovrebbe essere un investimento a lungo termine e non un’attività per occupare il tempo libero.
Partecipa alla challenge
L’avvento dello shopping online ha modificato radicalmente la nostra modalità di consumo: consultiamo pagine su pagine, filtriamo risultati di ricerca, selezioniamo materiali, colori e taglia, solo con una connessione internet e un pc a disposizione, comodamente dal divano di casa o sullo smartphone seduti sui mezzi pubblici. Ma se oltre alla facilità di qualche scroll e click, si potesse fare qualcosa di più? Se anche gli acquisti potessero diventare più etici con una semplice transizione online? La stessa co-fondatrice di Renoon, Iris Skrami, ha precisato che uno dei motivi che ha spinto il gruppo di quattro giovani italiani ad accettare questa sfida e dare avvio a questa rivoluzionaria idea green è stata la volontà di smettere di “aprire centinaia di finestre per riuscire a trovare prodotti ecosostenibili”. Il mondo dell’usato e dell’abbigliamento consapevole, in questa direzione, si arricchisce di valore anche grazie alla collaborazione della piattaforma con due grandi colossi online come LVR Sustainable di LuisaViaRoma e Vestiaire Collective con le loro selezioni di abiti e accessori sostenibili.
Come diventare un conscious consumer
Dopo l’acquisto da uno di questi marchi, il QR code applicato direttamente sul tessuto dovrà essere scannerizzato per effettuare la registrazione sul sito via Instagram o Facebook. Subito dopo, si dovrà selezionare all’interno del catalogo il capo di abbigliamento con il quale si intende gareggiare. La sfida è automaticamente accettata una volta che, preso in mano il proprio smartphone, si posa con un sorriso davanti all’obiettivo e si scatta il proprio selfie con l’abito indosso, condividendo il risultato sui social media. Un gesto semplice che può sensibilizzare migliaia di persone sulla tematica.
Grazie alla piattaforma è possibile visualizzare i progressi personali verso l’obiettivo di 30 volte per ottenere lo status di consumatore consapevole, ma non solo.
Ogni volta che viene indossato quello specifico indumento, si archivia sul proprio account personale un scatto in qualità di “prova”, e una volta raggiunto il trentesimo, la challenge è vinta. A questo punto non serve altro che attendere il regalo che il brand ha riservato per il suo nuovo consumatore sostenibile, nella maggior parte dei casi un coupon o un prodotto omaggio.
Wear me 30 times: è tempo di agire
La lotta contro il climate change ha un nuovo alleato, anzi ben trenta, proprio come il numero di aziende che al momento hanno deciso di partecipare alla campagna di slow fashion, lanciata a Milano poco meno di un mese fa e ispirata all’iniziativa di Livia Firth del 2016 #Wear30.
Avani Apparel, Alea, Bequality, Matchless, 365dry, Laura Jane, Indiva e molte altre griffe come loro hanno cambiato la propria direzione, privilegiando l’uso di materiali e processi di produzione più sostenibili e soprattutto più resistenti al tempo che passa. Il mondo della moda è infatti responsabile – quanto altri settori – dell’inquinamento, il deterioramento delle risorse e la perdita di biodiversità. Senza un’azione concreta, che spinga non solo i produttori ma anche le persone verso scelte più ecosostenibili, potremmo arrivare a un punto di non ritorno. Diverse ricerche confermano infatti che per la filiera della moda è tempo di rallentare e ripensare l’intero sistema, dalla tintura e trattamento dei vestiti alla questione delle microplastiche negli oceani, fino al problema dello riciclo dei rifiuti.
McKinsey& Company, a questo proposito, ha recentemente pubblicato uno studio che analizza l’impatto dei processi tessili sulla biodiversità, sottolineando come la situazione odierna necessiti un radicale cambio di rotta.
L’idea di Maakola e Genuine Way parte come un gioco ma si traduce in un messaggio a chiare lettere: dobbiamo salvare il nostro Pianeta. Le stesse percentuali mostrate nella ricerca McKinsey sono allarmanti e richiedono fin da subito che un intero settore si rimbocchi le maniche: il 73% dei rifiuti tessili viene incenerito o finisce nelle discariche, il 35% delle microplastiche negli oceani proviene dal lavaggio di tessuti sintetici e il 25% dell’inquinamento idrico industriale è causato dalla tintura e dal trattamento dei tessuti.
Grazie a iniziative come questa, aiutare la Terra diventa un gioco divertente e l’industria della moda non può che beneficiarne: ritmi di produzione più lenti, materiali e prodotti più etici e, soprattutto, un settore 100% circolare.
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_ di Alice Nicole Ginosa