Crescono eolico e fotovoltaico, occorre potenziare idroelettrico e geotermico. Nell’area flegrea e nei bacini artificiali un tesoro green
I dati 2022 confermano che l’Italia è uno dei Paesi europei più attenti al tema della riduzione dei consumi energetici. Una notizia incoraggiante che mostra come lo Stivale si stia orientando verso modelli più sostenibili di politiche energetiche, sebbene la strada verso il “carbon free” sia ancora lunga e accidentata: in molti si chiedono come sarà possibile, in un futuro prossimo, spingere l’approvvigionamento da fonti green. Innanzitutto bisogna rispondere ad alcune domande.
Quanta energia pulita viene prodotta in Italia?
Nel nostro Paese circa il 19,5% dell’energia viene prodotta senza fare ricorso agli idrocarburi. Numeri che mostrano come siamo ben lontani dall’indipendenza energetica di cui si sta parlando negli ultimi anni. Ad ogni modo, nel 2021 (dati del Ministero) le rinnovabili sono cresciute dell’1,18%, un numero incoraggiante ma assolutamente insufficiente per raggiungere gli obiettivi che l’Europa ha fissato per il 2030.
Quali fonti rinnovabili usiamo di più?
Alcuni dati raccolti da Istat mostrano come tra il 2013 e il 2017, mentre aumentava l’utilizzo di eolico e fotovoltaico, l’idroelettrico subiva una rapida decrescita e lo sfruttamento della geotermia restava sostanzialmente invariato. Positivo anche il trend delle biomasse. Anche nel 2021 eolico e fotovoltaico sono cresciuti circa del 30% rispetto all’anno precedente, mentre idroelettrico e geotermico sono rimasti sostanzialmente invariati.
Il futuro dell’idroelettrico
In molti si meravigliano di come l’Italia, pur essendo ricca di aree vulcaniche e corsi d’acqua, non riesca a sfruttare al meglio idroelettrico e geotermia. Nel primo caso il problema è causato dalla graduale dismissione dei bacini artificiali indispensabili per la produzione di energia idroelettrica: le “dighe” rappresentano un costo enorme per lo Stato e hanno un impatto ambientale non indifferente. Eppure negli ultimi mesi, a causa della crescente siccità e della conseguente crisi del comparto agricolo, si sta discutendo di sfruttare meglio i bacini artificiali in Italia: la necessità di aumentare le riserve d’acqua per irrigare i campi potrà portare, nel prossimo futuro, ad una nuova crescita della produzione di energia idroelettrica.
Geotermico: il caso dei Campi Flegrei
La geotermia rappresenta appena il 2.1% (dati 2018) dell’energia prodotta nel nostro Paese. L’enorme potenziale italiano è infatti compromesso dalla difficoltà di realizzare gli impianti. Un esempio perfetto è rappresentato dai Campi Flegrei: il supervulcano che si estende a cavallo dei comuni di Napoli e Pozzuoli. L’area flegrea, nota sin dall’antichità per la sua attività vulcanica (che i romani usarono per realizzare impianti termali), immette in atmosfera 3.500 ton di CO2 al giorno. Si tratta, infatti, del più grande “serbatoio” di CO2 al mondo e di un enorme potenziale energetico rinnovabile per l’Italia. I tentativi di sfruttare questa grande ricchezza, però, si sono sempre scontrati con la pericolosità di realizzare gli impianti in un’area caratterizzata da bradisismo e forte sismicità. Già a inizio Novecento (1939), infatti, iniziarono le prime perforazioni geotermiche nella caldera flegrea, una ricerca che non si è mai interrotta e che continua ancora oggi, nell’attesa che si trovino le giuste tecnologie per trasformare il supervulcano napoletano in una immensa fonte di energia pulita per il Paese.
Rinnovabili… dove non ti aspetti!
C’è chi punta a produrre energia sfruttando il calore umano
_Matteo Donisi