La sostenibilità nel packaging è il nuovo banco di prova per le aziende per dimostrare di avere a cuore le sorti del pianeta. Anche vetro e plastica rinascono “più sostenibili” dalle proprie ceneri, come una fenice
Dalla questione incalzante del climate change alla pandemia Covid-19, il 2020 è un anno che ha saputo catturare la nostra attenzione e ci ha reso ancora più consapevoli del mondo e dei processi che lo governano. Tra le parole che abbiamo più volte pronunciato e masticato in questi mesi sicuramente ce n’è una che dal singolo cittadino alla grande multinazionale, da un emisfero all’altro del mondo, ha catalizzato l’opinione pubblica e ha sfondato le porte delle stanze del potere per prendersi il suo spazio, farsi notare e in certi casi aprire le danze per un ripensamento di approcci e strategie delle aziende.
La sostenibilità è come un elefante in una stanza, impossibile da non notare, che ti guarda e che tu guardi e che sai che prima o poi dovrai affrontare. Ma nel frattempo fai passare il tempo fino a quando la sua verità scomoda che ti fa abbassare gli occhi verso terra è talmente insistente da costringerti ad affrontarla. E così, negli ultimi mesi, a maggior ragione con l’avvento del coronavirus e delle dinamiche legate al commercio elettronico, i consumatori si sono accorti della quantità di packaging non sostenibile che avvolge i propri ordini.
I dati di sostenibilità e packaging
In una recente indagine Ipsos Mori per conto di DS Smith condotta su un campione di 9.000 persone – di cui 1.000 italiane – la sostenibilità entra a gamba tesa e si conferma come principale motore per l’acquisto. Nello specifico l’87% pretende prodotti avvolti da poco packaging mentre un 31%,più severo, afferma addirittura di aver smesso di comprare da quei marchi che esagerano/eccedono con involucri non propriamente green.
Questa epoca storica richiede ora più che mai che le aziende inseriscano nelle proprie agende la sostenibilità almeno nella top 3 delle priorità, da bilanciare sapientemente con la creazione di valore e l’igiene delle confezioni per la propria reputazione a lungo termine. Quello del packaging sostenibile è un discorso che in realtà si porta avanti già da qualche anno e, infatti, nel 2018 nell’European Consumer Packaging Perceptions, il 49% degli italiani aveva ridotto l’acquisto di prodotti non eco-friendly con 9 persone su 10 che prediligevano imballaggi facilmente smaltibili. Nello studio risaltano altri due aspetti interessanti: su 7000 persone in 7 paesi europei, l’89% preferisce il cartone alla plastica mentre il 55% degli abitanti del Belpaese tra i 19 e 29 anni ha abbandonato definitivamente un brand per motivi di packaging.
I consumatori dettano legge a tutti gli effetti sulle sorti di un marchio e sentire quello che hanno da dire e richiedono oggi giorno è un must. Forse anche per questo stanno nascendo sempre più iniziative e progetti da parte delle aziende per contribuire all’ambiente, azioni che possono davvero indirizzare il mondo degli affari verso una transizione green. Fortunatamente le idee sono tante come tante sono le realtà che si stanno impegnando, dalle aziende di beverage all’industria del vetro fino agli imballaggi di prodotti di bellezza e per la casa.
Ferrarelle e Birra Peroni: plastica e vetro eco-friendly
IMPATTO -1 è la nuova filosofia che Ferrarelle, il marchio italiano di acqua minerale, ha deciso di portare avanti ponendosi in prima linea per tutelare il futuro. In provincia di Caserta, a Presenzano, è nato un nuovo stabilimento di sua proprietà dedicato esclusivamente al riciclo. Ogni anno si salvano oltre 20.000 tonnellate di plastica producendo da una singola bottiglia usata due nuove unità di Pet riciclato al 50%, il massimo consentito in Italia per il momento. Un caso unico che dimostra come giorno dopo giorno si possono fare grandi passi in avanti, basti pensare che lo stesso PET è riutilizzabile al 100% all’infinito e ha un footprint decisamente basso. Una volta selezionate le bottiglie e separate dai tappi, vengono rimosse etichette e materiali in eccesso per procedere con la fase di lavaggio e di riduzione in scaglie. Infine, dopo aver asciugato i frammenti di pet, si passa alla loro selezione accurata per arrivare alle preforme, provette di plastica concentrata, le future bottiglie.
E a proposito di bottiglie, quelle di Birra Peroni hanno cambiato veste con un formato ancora più sostenibile. L’azienda nata nel 1846, da sempre impegnata nella salvaguardia dell’ambiente, ha realizzato una linea destinata al vuoto a rendere – una pratica che prevede un rimborso se l’involucro vetro viene riconsegnato dopo aver terminato la bevanda – simboleggiato dal logo verde sul collo stesso della bottiglia. Il nuovo modello si chiama UNI, una sigla comune tra i produttori di birra che promuovono questa attività, e vanta una composizione di materiali più resistenti – che garantiscono dai 15 ai 18 riusi- su cui staglia la scritta in verde “vuoto a rendere”. Una presa di posizione esplicita, tanto che l’azienda ha dedicato lo stabilimento di Bari a questa linea per la quale vengono prodotte 50.000 bottiglie all’ora.
Nasce il logo “Made in vetro”
L’industria europea del vetro ha lanciato un nuovo logo “Made in vetro” da applicare su prodotti come alimenti, bevande, farmaci e cosmetici con questa tipologia di confezionamento per certificarne i benefici e l’attenzione per l’ambiente del settore. Un simbolo bianco e semplice che racchiude tutte le qualità che il materiale offre tra cui sicurezza alimentare, impermeabilità, conservazione e sterilizzabilità e la possibilità di riciclo al 100% all’infinito.
Nella maggior parte dei casi, i prodotti in vetro provenienti dalla raccolta differenziata vengono riutilizzati per la produzione di altrettanti involucri in un circuito chiuso che, tra le altre cose, favorisce il risparmio di 7 milioni di tonnellate di CO2 e di 12 milioni di tonnellate di materie prime. Una scelta già ampiamente condivisa se pensiamo che nel sondaggio InSites Consulting nel 2020, a cui segue il lancio del logo, 9 europei su 10 (91%) raccomandano il vetro come miglior contenitore. Scegliere il vetro tra le innumerevoli confezioni in plastica sugli scaffali dei supermercati significa voler vivere in un futuro più sostenibile ed è questo l’obiettivo del logo: creare un simbolo riconoscibile per tutti che garantisca la qualità di questo materiale preziosissimo per l’ambiente.
Il progetto “Ambition 2030” di Procter&Gamble
La multinazionale statunitense, madre di prodotti popolari come Pantene, Gillette, Swiffer e Oral B (solo per citarne alcuni), dopo già diversi anni di impegno nel settore della sostenibilità ha deciso di prefiggersi un’agenda ancora più ambiziosa per il 2021.
Sembrerebbe infatti che la divisione P&G Beauty lancerà sul mercato europeo la prima bottiglia di shampoo in alluminio riutilizzabile con un sistema di ricarica il cui strumento di refill sarà realizzato con il 60% di plastica in meno. Questa è solo la prima di tante azioni lanciate dal brand nel suo “Ambition 2030”, che entro la fine del decennio punta al 100% dei packaging completamente riciclabili o riutilizzabili. Un percorso lungo che prevede anche che il 100% dell’elettricità acquistata deriverà da fonti rinnovabili e che i consumi d’acqua dovranno decrescere almeno del 35% rispetto ai livelli del 2010.
Le aziende stanno sviluppando una sensibilità marcata non solo nei confronti del pianeta ma anche dei consumatori. P&G a questo proposito ha lanciato già nel 2018 un progetto sperimentale di vuoto a rendere insieme a Terracycle per il mercato statunitense e in parte europeo, un piccolo passo in più nella giusta direzione.
Le grandi organizzazioni sono quelle che più di tutti possono concretamente migliorare le cose. Una politica più green, piccole decisioni quotidiane e una comunicazione diretta con i consumatori innalzano le aziende a una posizione di grande prestigio ma soprattutto di potere. Il potere di guidare un cambiamento, il potere di dare al mondo una seconda opportunità.
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_ di Alice Nicole Ginosa