Isole galleggianti negli oceani, frammenti nei corpi degli animali, tracce nella placenta umana… e ora anche nel sangue. La plastica è davvero ovunque!
Viviamo in un vero e proprio mondo di plastica. Un problema che la comunità europea sta cercando di risolvere da tempo, con azioni sempre più concrete come la “Sup-single use plastics” che introduce il divieto di immettere al consumi i prodotti di plastica monouso. Ma intanto le microplastiche sono state rintracciate anche nel sangue umano.
Plastica, una risorsa preziosa diventata un pericolo
Le nuove strategie messe in atto dalle istituzioni, a dire il vero, stanno dando al momento risultati poco convincenti. Il problema è che non basta una normativa ad hoc per arginare un problema di portata globale. Sappiamo ormai tutti dell’esistenza di isole galleggianti di plastica negli oceani e anche nei mari italiani che abbiamo creato abbandonando rifiuti nell’ambiente. Un impatto umano di queste proporzioni ha compromesso l’ecosistema marino in maniera irreversibile sotto certi punti di vista.
La plastica è un materiale prezioso, usato ormai in ogni settore con indiscutibili vantaggi. La produzione di plastica è valutata in circa 280 milioni di tonnellate, con una crescita costante negli ultimi decenni. Una risorsa utilissima, che però avrebbe tantissime alternative valide (a partire dal vetro, ad esempio) che l’uomo ha reso un problema a causa della predilezione smodata per l’usa e getta e della poca propensione al riciclo, almeno fino a qualche anno fa. A questo si aggiunge la condotta sconsiderata di chi continua a riversare rifiuti al di fuori dei luoghi appositi.
Secondo Greenpeace con tutta la plastica presente nei nostri mari potremmo fare 400 volte il giro della Terra; si stimano circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti. Plastica monouso non riciclata. Praticamente nuotiamo in un mare di plastica. Le conseguenze sono devastanti soprattutto per le centinaia di specie a rischio, molti animali infatti scambiano la plastica per cibo e muoiono per indigestione o soffocamento. Non solo. Il cibo che mangiamo – animali che hanno ingerito microplastiche – finiscono ormai nei nostri piatti.
Cosa sono le microplastiche?
Le microplastiche sono particelle piccolissime di materie plastiche non visibili all’uomo, frammenti le cui dimensioni sono state convenzionalmente fissate dalla Europeanfoodsafety authority tra 0,1 e 5000 micrometri. Nel 2017 l’ONU ha dichiarato la presenza di 51 mila miliardi di particelle di microplastica nei mari, 500 volte più numerose di tutte le stelle della nostra galassia. La plastica ormai rintracciabile in ogni parte del Pianeta, negli animali, ovunque. Addirittura frammenti di plastica sono stati rintracciati sul ghiacciaio alpino del Parco Nazionale dello Stelvio, come dimostrato dallo studio realizzato nel 2018 da un team di ricerca dell’Università degli Studi di Milano e di Milano-Bicocca che ha osservato come in ogni chilo di sedimento sono presenti 75 particelle di microplastica.
Tracce di microplastiche nel sangue umano
Qualche tempo fa aveva destato parecchia preoccupazione la notizia del ritrovamento di particelle di plastica nella placenta umana da parte di un team italiano.
I ricercatori dell’Università di Vrije, nei Paesi Bassi, hanno ora documentato con certezza la presenza di microplastiche nel sangue umano. L’analisi di 22 campioni di sangue di donatori sani anonimi, utile a reperire eventuali tracce di cinque differenti polimeri sintetici, ha permesso infatti di osservare particelle con dimensioni superiori a 700 nm. In 17 campioni su 22 (circa l’80%) è stata rilevata una concentrazione media pari a 1,6 microgrammi per millilitro di sangue. Possiamo paragonarla ad un cucchiaino da tè sciolto in 1.000 litri d’acqua. Com’è possibile? Lo studio ha dimostrato come i residui di plastica presenti nell’ambiente esterno possano essere assorbiti dal nostro organismo. Al momento non conosciamo i potenziali rischi per la salute umana ma sicuramente la presenza di plastica nel nostro corpo risulta allarmante. Lo studio non è comunque terminato, in una seconda fase verranno aumentati il campione e il numero di polimeri valutati. Una fase ancora successiva analizzerà il possibile legame tra particelle di plastica e cellule umane. E a quel punto conosceremo, purtroppo, anche i possibili danni al nostro organismo.
….ma per fortuna anche la plastica si ricicla!
Ecco alcune idee innovative che ci lasciano sperare!
_Andrea Solari