Lavorando 4 giorni a settimana si diventa più produttivi, si spende meno e si riduce la CO2
Da molti anni imprenditori e sindacati discutono l’idea di accorciare la settimana lavorativa da 4 a 5 giorni. Recentemente poi il caso del successo riscontrato in Islanda dal taglio alle giornate di lavoro settimanale ha riacceso il dibattito in tutto il mondo.
Alcune aziende hanno già sperimentato in passato la settimana corta e i risultati sono sempre positivi. lavorare un giorno in meno, a parità di orario e stipendio, migliora la salute psico-fisica e rafforza il legame con le famiglie e gli affetti.
Tra gli altri vantaggi, oltre alla produttività, la settimana corta aiuterebbe anche a ridurre l’inquinamento. Proprio così. Secondo uno studio di Platform London e 4 Day Week Campaign con una settimana di 4 giorni si ridurrebbero le emissioni di CO2 del 20%, vale a dire 127 milioni di tonnellate di emissioni da qui al 2025.
L’indagine ha preso in esame la situazione della Gran Bretagna, dove alcune aziende hanno accorciato la settimana corta per i propri dipendenti. Ad esempio, Unilever ha dato la possibilità ai 300 dipendenti del Regno Unito di lavorare 4 giorni su 5. Ad oggi la settimana corta resta ancora un esperimento, ma nei prossimi anni potrebbe diventare una nuova forma contrattuale.
Meno emissioni e più risparmi: i vantaggi della settimana corta
Elettricità, consumi, trasporti. Secondo lo studio in questione, una settimana lavorativa di 4 giorni potrebbe tagliare le emissioni in tutte le attività legate al lavoro. Tenendo chiusi gli uffici un giorno più le luci rimangono spente, gli ascensori restano fermi e i climatizzatori vengono disattivati. Tutti risparmi che secondo lo studio potrebbero ridurre di 117 migliaia di tonnellate di CO2 a settimana, l’equivalente di 1,3 milioni di auto all’anno.
Ma è il trasporto che rappresenta il principale vettore di anidride carbonica nel Regno Unito, tanto che nell’ultimo anno si sono registrati 64.000 morti precoci a causa dell’inquinamento urbano. Con la settimana corta, invece, i viaggi in auto potrebbero diminuire in misura considerevole. Oltre alle grandi città come Londra o Manchester, anche per le zone rurali potrebbero godere dei benefici della settimana corta, dato che la maggior parte delle persone si sposta in automobile o in moto per raggiungere il proprio posto di lavoro.
Gli effetti della settimana corta avrebbero effetti anche sulla vita personale e incoraggerebbero tutte quelle attività che non comportano emissioni di anidride carbonica (no carbon activities) come lo sport all’aria aperta o la cura di piante e giardini. Insomma, un modello sostenibile che potrebbe essere applicato a tutti i paesi.
Le aziende che hanno sperimentato la settimana corta
Traffico-inquinamento-auto | Visti i vantaggi, diverse imprese hanno iniziato a testare la settimana corta. Unilever, oltre che per i dipendenti inglesi, ha allargato la settimana corta anche per i lavoratori spagnoli e neozelandesi per tutto il 2021 pur continuando a essere pagati per 5 giorni. Microsoft nell’agosto del 2019 ha testato la settimana corta nel proprio stabilimento di Tokio, in Giappone, chiudendo gli uffici nei giorni di venerdì, sabato e domenica per un mese. Malgrado le perplessità iniziali, i risultati dell’esperimento sono stati sorprendenti. Infatti la produttività è aumentata del 39,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, con uno snellimento dei tempi di riunione in azienda (massimo 30 minuti). Vantaggi anche per il portafoglio, con una riduzione delle spese di energia elettrica del 23,1%. Alla fine dell’esperimento il 92,1% dei lavoratori si è detto favorevole all’introduzione della settimana corta.
Lavoro-ufficio-produttività | In Italia sono poche le aziende ad aver introdotto la settimana a 4 giorni lavorativi, tra quelle citate maggiormente come esempio troviamo la Carter & Benson, società di consulenza con sede a Milano. Dopo una sperimentazione a gennaio del 2020, l’azienda ha mantenuto la settimana corta anche al rientro in ufficio e tuttora è in vigore. William Griffini, CEO di Carter & Benson, ha dichiarato che lavorando un giorno in meno è migliorata la qualità del lavoro dei dipendenti, sono diminuiti stress e preoccupazione mentre la produttività è aumentata.
In molti casi, con la pandemia lo smart working è stato un elemento di innovazione che ha portato vantaggi e ha permesso di non interrompere le attività; resta da far tesoro di quanto sperimentato, magari proprio rendendolo un’opzione stabile o, per i più audaci, introducendo proprio la settimana lavorativa corta come regola aziendale.
Il caso Islanda
L’Islanda è un caso a parte. Sono appena stati resi noti i risultati di un esperimento che si è svolto tra il 2015 e il 2019: un “successo travolgente” secondo alcuni ricercatori che hanno commentato l’esito della riduzione della settimana lavorativa a quattro giorni. I lavoratori sono stati retribuiti con lo stesso importo e la produttività è rimasta la stessa o è migliorata nella maggior parte dei luoghi di lavoro.
Hanno partecipato al test oltre 2.500 lavoratori e i luoghi di lavoro erano di varia natura: scuole materne, uffici, fornitori di servizi sociali e ospedali. Gli stessi lavoratori hanno riferito di sentirsi meno stressati e a rischio di esaurimento e hanno affermato che la loro salute e l’equilibrio tra lavoro e vita privata sono migliorati.
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_ di Matteo Melani