Dietro questo frutto esotico dalle proprietà nutritive interessanti una produzione estensiva ed intensiva che causa problemi ambientali e sociali.
Nel nostro Paese il consumo di frutta è sempre stato elevato e un frutto ha spesso accompagnato la fine di un pasto o è stato protagonista di una merenda per milioni di italiani. Da diversi anni sulle nostre tavole ha fatto la sua comparsa l’avocado… e il suo consumo è letteralmente esploso! Quella che sembrava una moda passeggera, si sta invece stabilizzando nei consumi e l’Istat lo ha inserito tra i beni e servizi osservati per calcolare le fluttuazioni dell’inflazione.
La produzione di avocado negli ultimi decenni è più che raddoppiata ed è stato stimato che nel 2030 verranno prodotte più di dieci milioni di tonnellate l’anno a livello mondiale.
Ma a quale prezzo per l’ambiente e per le popolazioni coinvolte nella produzione?
Alle origini dell’avocado
La storia dell’avocado comincia migliaia di anni fa tra le antiche popolazioni del Centro America. In tempi “più recenti”, i Maya avevano riconosciuto le sue proprietà nutrizionali, e piano piano lo avevano legato al concetto stesso di ricchezza e status, tanto da aver dato il nome alla cittadina messicana di Ahucatlán (il cui significato in lingua azteca è “dove l’avocado abbonda” o “accanto agli avocado”).
I conquistadores spagnoli prima, e i coloni inglesi poi, hanno cominciato ad esportarlo in Europa e a procedere alla sua coltivazione fuori dai territori di origine come i Caraibi, l’Australia e infine negli attuali Stati Uniti.
Oggi, la varietà più prodotta e consumata di avocado al mondo è la Haas, dal nome dell’imprenditore americano che negli anni Trenta del secolo scorso ottenne il primo brevetto vegetale. Da quel momento la California ha cominciato a esportare gli avocado in tutto il mondo.
L’impatto ambientale della produzione
Coltivare un avocado è difficile. Prima che un singolo frutto raggiunga gli scaffali dei nostri supermercati, le piantine devono rimanere in vivaio per almeno un anno per poi essere innestate direttamente sugli alberi esistenti. Senza contare che per crescere correttamente devono essere trattate con tecniche apposite.
Tutto ciò, oltre ad avere dei costi importanti nel trasporto (che si riflettono sul prezzo finale), ha un impatto ambientale non indifferente.
Per produrre un singolo avocado viene immessa nell’atmosfera circa una tonnellata e mezzo di CO2 e possono servire fino a 70 litri d’acqua, un problema non da poco se si considera che i maggiori paesi produttori come Messico, Colombia, Perù e Repubblica Dominicana soffrono di lunghi periodi di siccità.
A questo si aggiunge la produzione intensiva che in alcuni paesi ha portato a deviare illegalmente corsi d’acqua, contaminando le acque e causando problemi idrici e sanitari alle popolazioni.
Lo stesso problema che ormai colpisce anche la California, da anni in lotta con siccità e incendi su vasta scala, o il Messico (primo esportatore mondiale) che continua a deforestare il Paese per allargare le piantagioni di avocado.
Il ruolo della criminalità organizzata
Il maggior produttore mondiale di avocado è il Messico, ma questo primato nasconde diverse ombre.
La produzione di avocado avviene quasi esclusivamente nello stato del Michoacán, un territorio prevalentemente agricolo, dove quasi la metà della popolazione vive sotto la soglia della povertà nonostante l’oro verde rappresentato dall’avocado.
Come se non bastasse, le coltivazioni di avocado sono terra di conquista dei maggiori cartelli della droga messicani, con il benestare del governo federale.
Purtroppo il caso del Messico non è un caso isolato.
In Colombia, come anche in Kenya e Sudafrica, una larga produzione di avocado è in mano alla criminalità organizzata che tiene in scacco le popolazioni sotto il peso di minacce, violenze e uccisioni.
Intanto in Italia… all’agricoltore è stato riconosciuto
il ruolo di custode di ambiente e territorio
_Simone Picchi