Viene definito green hushing il comportamento delle aziende che non comunicano i loro risultati di sostenibilità, anche quando molto apprezzabili
Molte aziende fanno del greenwashing una pratica consueta, cercando di mostrarsi green attraverso la comunicazione anche quando non adottano affatto pratiche sostenibili. Altre aziende invece sembrano adottare un comportamento contrario, definito green hushing: impegnarsi sul fronte della sostenibilità ma senza dirlo. Ma c’è un motivo.
Cos’è il green hushing?
“Green hushing” si riferisce all’intenzione di mantenere segreti obiettivi e risultati di sostenibilità, anche quando sono plausibili, per paura di essere accusati di greenwashing o per paura che altri possano imitare le stesse buone pratiche.
Il greenwashing è molto facile da individuare e, anche se le persone non conoscono questo termine, sanno ormai riconoscere quando la comunicazione è esageratamente green a fronte di azioni non spiccatamente tali. Il green hushing ovviamente non è altrettanto visibile. Ma probabilmente si verifica più spesso di quanto immaginiamo, per questo da qualche tempo è oggetto di analisi.
Nel 2022 la South Pole sottolineò questo trend in un report in cui sosteneva che circa un quarto delle 1.200 aziende orientate alla sostenibilità non comunicavano affatto i risultati al di là del minimo indispensabile, con un picco del 41% in Belgio. Lo stesso report definiva questo trend “preoccupante” perché comunicare obiettivi e risultati di sostenibilità ha un forte impatto e può ispirare altri a seguire questa scia, incoraggiando approcci collaborativi.
Le conseguenze del green hushing
Il settore più sorprendente è il turismo, che ha tantissime occasioni per comunicare, basti pensare ai siti Web o al contesto fisico degli alberghi. Proprio su questo settore si è concentrata l’analisi, in particolare su 31 piccoli business concentrati nel mondo rurale del Peak District National Park. Risultato: viene comunicato soltanto il 31% delle azioni sostenibili. E il motivo è che nel comunicare la sostenibilità si ha timore di alzare le aspettative del proprio target di riferimento, in questo caso i turisti in arrivo. L’altro dubbio è che, ad esempio, se soltanto una parte della filiera è sostenibile, ci si chiede se sia il caso di comunicarlo, visto che il resto non lo è o non lo è abbastanza. Insomma, invece di vedere (e comunicare) che il bicchiere è mezzo pieno, si tende a tacere per paura di recriminazioni.
Ma per aziende più grandi e strutturate le motivazioni sono legali. Spesso preseunti claim ingannevoli sono stati portati in tribunale e la tendenza è quindi tacere piuttosto che affermare di “essere sostenibili, per quanto possibile”, uno slogan che non avrebbe chiaramente alcun valore a livello di appeal.
Altre implicazioni pratiche
Una premessa è d’obbligo: in Ue dal 2025 saranno obbligatori i report con i dati sull’impatto climatico delle attività delle aziende. Questo ridurrà drasticamente il green hushing, che resta comunque un elemento non marginale. Lo stesso report citato in precedenza, mostra come parlare del proprio impatto ambientale ha risvolti molto positivi e può innescare il cambiamento.
Allo stesso tempo, è anche vero che esiste la tendenza ad accusare le aziende di greenwashing anche quando si impegnano a portare avanti azioni in nome della sostenibilità e, in buona fede, non riescono ad essere perfette da questo punto di vista. Se consideriamo che gli attacchi si possono trasformare in cause legali la questione si complica.
I consumatori italiani sono molto attenti
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_Andrea Solari