Sudamerica, Francia e Portogallo: in molte zone del mondo la corrida è ancora molto praticata. Paesi come la Colombia invece hanno deciso di abolirla
Celebrata e raccontata da grandi artisti del passato (Hemingway, per esempio, la userà come sfondo per alcuni suoi celebri scritti), la corrida è da vari anni al centro di un acceso dibattito (ma sarebbe meglio definirla “polemica”) di livello globale. Infatti, se da un lato c’è chi ne difende l’origine rituale e la matrice culturale/identitaria, in tanti contestano ferocemente la corrida, condannandola come pratica crudele e violenta che provoca la sofferenza e la morte di migliaia di animali ogni anno.
La nuova sensibilità animalista sta da tempo contrastando l’idea che la fauna possa rappresentare uno strumento per l’intrattenimento. Questo vale non solo per i tori della corrida, ma anche per gli animali di circhi e zoo e per gli animali domestici (leggi l’articolo sul divieto di legare i cani alla catena). Ecco perché la recente decisione della Colombia di vietare la corrida ha riacceso il dibattito, dividendo l’opinione pubblica internazionale e portando molti paesi a riflettere sul proprio atteggiamento nei confronti di questa pratica.
Corrida: dove nasce e dove si pratica
La corrida, come molte celebrazioni rituali che prevedono l’impiego degli animali, ha origini molto antiche, ma in Spagna questa tradizione si è poi sviluppata e radicata nel corso dei secoli. Oggi, oltre alla penisola iberica, la corrida viene praticata in diversi paesi del mondo, soprattutto in America Latina e in Europa. In Spagna, la corrida è particolarmente diffusa, con eventi che si tengono in numerose città, soprattutto durante le feste patronali. In Portogallo, dove prende il nome di tourada, la corrida è praticata con alcune differenze significative rispetto a quella spagnola: il toro, infatti, non viene ucciso nell’arena di fronte al pubblico.
Strano ma vero, anche i nostri cugini d’oltralpe hanno sviluppato una passione per la moderna tauromachia. In Francia, soprattutto nella regione della Camargue, la corrida è ancora molto popolare, così come in Messico, dove attira un vasto pubblico ed è considerata parte integrante della cultura nazionale. Anche in Paesi sudamericani come il Perù, il Venezuela e l’Ecuador, la corrida è praticata, sebbene con minore intensità rispetto ad altre nazioni.
La Colombia vieta la corrida
Il Parlamento della Colombia ha votato a larghissima maggioranza il divieto agli spettacoli di corrida dal 2027. In questo modo, la Colombia si aggiunge alla lista dei Paesi sudamericani che la vietano, come Brasile, Cile, Argentina, Uruguay e Guatemala.
La decisione, adottata dal Congresso colombiano, è il risultato di anni di battaglie da parte degli animalisti e di un crescente movimento sociale contrario alla pratica. Il divieto, accolto con favore da una parte consistente della popolazione, rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti degli animali. La Colombia si unisce così a una lista crescente di paesi che hanno deciso di bandire la corrida. La decisione della Colombia, come in molti auspicano, potrebbe influenzare altri paesi latinoamericani a seguire lo stesso esempio, alimentando il dibattito su scala internazionale.
Le proteste: gli animali non sono strumenti di intrattenimento
La corrida (come anche altre manifestazioni che prevedono il coinvolgimento di animali) è oggetto di intense proteste da parte delle associazioni animaliste, che denunciano con forza la crudeltà della pratica e chiedono la sua abolizione in tutti i paesi dove è ancora permessa. Ogni anno, secondo alcune fonti, si stima che circa 250.000 tori muoiano durante le corride in tutto il mondo.
Naturalmente questi numeri sono ritenuti inaccettabili dai movimenti animalisti, che sottolineano come la corrida sia una forma di intrattenimento basata sulla sofferenza e la morte di un essere vivente. Come se non bastasse, oltre alla morte dei tori, le corride comportano anche numerosi incidenti, sia per i matador che per gli spettatori. Ogni anno, infatti, si registrano decine di feriti e, in alcuni casi, anche morti durante questi eventi.
Polemiche sugli allevamenti intensivi
di polpi, scopri perché!
_Matteo Donisi