A causa della crisi climatica, le isole del Pacifico rischiano di essere sommerse. Insieme a loro sparirebbero la loro lingua e la loro cultura
Le isole dello stretto di Torres, a Nord dell’Australia, hanno accusato il governo di Canberra di inazione sul clima. Il motivo? Le zone più basse delle isole potrebbero finire sott’acqua in pochi anni, con gli abitanti costretti a un esodo verso l’Australia che in pochi decenni comporterebbe la perdita della loro lingua e della loro cultura. Una vicenda emblematica.
Foto di apertura: Torres Strait Islands, Friday Island © Mark Fitz
Il caso delle Isole Torres e la petizione
A causa del cambiamento climatico, il livello del mare nello stretto di Torres è aumentato di circa 6 cm ogni decennio, circa il doppio della media globale. L’innalzamento del mare sta causando molti danni sulle isole: erode le spiagge, distrugge orti e cimiteri e potrebbe rendere le isole inabitabili, avendo come conseguenza la scomparsa della comunità nativa.
Per questo, Zio Paul e Zio Pabai, due leader e abitanti di quelle isole, hanno accusato il governo australiano di inazione sul clima nel 2021. Il caso è arrivato in aula nel 2023. Se il governo australiano non intraprenderà un’azione urgente contro il cambiamento climatico gli isolani rischiano l’esodo forzato entro il 2050.
Amnesty International ha lanciato una petizione. Secondo Riccardo Noury, portavoce dell’ONG, vista la situazione attuale, buona parte della comunità delle isole sarà costretta a spostarsi sul continente australiano con buona probabilità di finire nella periferia di qualche metropoli.
Un esodo con effetti catastrofici sulla cultura locale
Il caso delle isole del Pacifico è emblematico della situazione che stanno affrontando molte popolazioni native in tutto il mondo. Lo spostamento degli abitanti delle suddette isole porterebbe con sé diverse questioni e problematiche. Ad esempio, bisognerebbe capire di chi è la sovranità delle isole abbandonate o di chi è la titolarità dei diritti di pesca in quelle acque.
Inoltre, le criticità principali riguardano lo status giuridico dei nuovi cittadini, il tipo di supporto economico e il rischio di creazione di ghetti. È poi probabile che criminalità, violenza e disoccupazione crescano notevolmente, a causa della difficoltà di ambientamento delle persone costrette a spostarsi.
A rischio lingua e cultura di un intero popolo
Una sfaccettatura della crisi legata all’innalzamento delle temperature è il fatto che nelle aree più colpite dal cambiamento climatico, che sono le aree con maggiore biodiversità, c’è una maggior concentrazione di idiomi.
Più di metà delle lingue esistenti è a rischio, tanto che l’Unesco sta cercando di tutelarle con il Decennio delle lingue indigene (2022-2032).
C’è inoltre un’enorme pressione sociale, politica ed economica ad abbandonare idiomi e pratiche tradizionali e ci sono politiche che spingono a far proprie la lingua e la cultura della società convenzionale.
Questo significa che l’atteggiamento negativo verso le lingue aborigene e il fatto che spesso non ci siano interpreti che aiutino di fronte alla polizia, in ospedale o a scuola, mette a maggior rischio di incarceramento, diagnosi errate e cattivi risultati scolastici.
Sono quindi molte le ragioni per cercare di agire sul clima, in quanto il cambiamento per questi abitanti porterebbe a notevoli difficoltà e perdite culturali. Una vicenda che spiega perfettamente il legame tra clima e diritti umani.
I nuovi migranti sono anche climatici.
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_Miriam Tettamanti