Può esistere un turismo realmente sostenibile per un ecosistema tanto delicato come quello del Machu Picchu, messo a dura prova dalla presenza umana?
Il Machu Picchu è un luogo eccezionale. Chissà che emozioni devono aver provato i primi esploratori che riscoprirono la città perduta in questo angolo di paradiso. La cittadella era stata abbandonata dopo la conquista spagnola della regione e venne riscoperta solo nell’Ottocento grazie all’interesse di alcuni esploratori occidentali. Una bellezza preziosa e un habitat da proteggere: dall’avanzata inesorabile della natura tra le strutture di granito, dal costante passaggio di lama e alpaca selvatici ma soprattutto dall’accumulo di rifiuti portato dai tantissimi turisti che ogni anno visitano l’area archeologica.
Il distretto del parco si trova nell’eco-regione dello Yuncas, un territorio ricoperto da foreste pluviali che conservano una grande biodiversità di flora e di fauna. Immerso in questo delicato ecosistema, il sito non è in grado di sopportare il volume di presenze che negli ultimi anni ha percorso l’antica cittadella Inca. Prima della pandemia da Covid-19 si è registrato il picco record di 1,7 milioni arrivi l’anno: troppi se si pensa che l’intera superficie del piccolo centro – al massimo del suo splendore – accoglieva un migliaio di abitanti.
È possibile pensare a una forma di turismo sostenibile per questa meraviglia unica nel suo genere?
I progetti di sostenibilità ambientale ed economia circolare
La conservazione dell’area protetta passa anche da ambiziosi progetti nel segno della sostenibilità ambientale e della riduzione delle emissioni di carbonio. Il più importante è il programma MP Carbon Neutral che ha l’obiettivo di eliminare le emissioni nette entro il 2050.
Il raggiungimento del traguardo passa dal trattamento di rifiuti organici da parte dell’unico impianto presente in Perù. La struttura a pirolisi trasforma ogni giorno oltre 8 tonnellate di rifiuti attraverso un processo di decomposizione termochimica e genera il biochar, fertilizzante destinato agli agricoltori della regione per spingere all’evoluzione di un’economia circolare.
Lo sviluppo coinvolge anche la costruzione di un impianto per il riciclo di oli vegetali scartati da hotel, ristoranti e case della regione. Da questi verrà prodotto biodiesel per i trasporti e glicerina per la pulizia del sito archeologico.
Grazie a queste iniziative il Machu Picchu è stato premiato con le certificazioni di Green Initiative. L’azienda di consulenza è una delle ventiquattro realtà riconosciute dalle Nazioni Unite nel settore della transizione ecologica e delle certificazioni green (sulla qualità delle emissioni, sulla produzione di energia pulita e sulla neutralità carbonica).
L’aeroporto di Chinchero
Dal successo di questi progetti dipenderà il futuro del Machu Picchu. Riuscirà a diventare un modello di turismo sostenibile e di gestione delle grandi meraviglie del Pianeta?
Secondo l’Unesco la risposta dipenderà dalla costruzione del nuovo aeroporto di Chinchero, cittadina a 50 chilometri dal sito archeologico. Nelle previsioni, l’hub internazionale verrà ultimato entro il 2024 e potrà accogliere oltre 5 milioni di passeggeri l’anno.
Le perplessità dell’agenzia delle Nazioni Unite, insieme alle contestazioni di attivisti locali, archeologi, ingegneri e giuristi internazionali riguardano la stesura incompleta del documento di valutazione ambientale da parte del governo peruviano. Una negligenza che rischierebbe di danneggiare il territorio e cancellare gli sforzi nella conservazione del patrimonio storico e naturale della regione.
Dal punto di vista ambientale la costruzione potrebbe inoltre danneggiare i canali e gli affluenti del lago Piuray dai quali dipende la fornitura di acqua dell’intera area, con gravi ricadute economiche e sociali sulle popolazioni locali.
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_Simone Picchi