In occasione della campagna Energica abbiamo incontrato la regista documentarista Giulia Zumpano per parlare del suo nuovo progetto su Dario Pasquarella, drammaturgo sordo
Dialoghi dietro le quinte è il titolo del documentario che esplora la vita e la pratica creativa di Dario Pasquarella, attore, drammaturgo e regista sordo che da anni conduce attività artistiche che hanno fatto della sua condizione un punto di forza, laddove il grande pubblico può vederci un ostacolo quasi insormontabile all’espressione teatrale. Abbiamo incontrato Giulia Zumpano, regista del progetto, per scoprire di più sul suo percorso professionale e l’origine del suo interesse nei confronti di Pasquarella e la sua compagnia.
Puoi raccontare le origini di questo progetto?
La prima scintilla mi è venuta grazie alla mia coinquilina, Anita, che svolgeva un dottorato sulla lingua dei segni presso l’Istituto Statale per Sordi di Roma, . Molto spesso mi raccontava della comunità dei sordi, e di quanto si sono dovuti “auto-escludere” dal resto della popolazione, per difendersi da una condizione di disagio comunicativo. Mi raccontava varie storie e tante curiosità sulla loro lingua, un aspetto che mi appassionava tantissimo. Ma oltre a questo c’era qualcos’altro dentro di me che mi spingeva a cercare e ad approfondire questo argomento, ed era una mia esperienza passata. Ero molto piccola quando persi l’udito dall’orecchio destro, probabilmente a causa di un banale raffreddore. Non capendo che quella fosse un’anomalia nel mio udito, non ho detto mai nulla ai miei genitori, fino a quando un giorno, viaggiando in auto con la mia famiglia, mi sentirono dire a mia sorella, che mi aveva posizionato l’auricolare del lettore CD nell’orecchio, che io non sentivo nulla dalla parte destra. I miei genitori intuirono la gravità e quindi mi portarono in ospedale per i controlli, che confermarono la mia sordità dall’orecchio destro. Avevo cinque anni.
Per me non è mai stato un problema e per questo l’ho confidato ai miei compagni di scuola, ma loro mi prendevano in giro chiamandomi “sorda”. Allora, in quel momento, ho capito che la mia condizione non era capita e per questo non l’ho più resa nota a nessuno, fino a qualche anno fa, quando incontrai Dario.
In quale modo hai scoperto Dario e la sua compagnia?
L’incontro con il mondo dei sordi mi ha fatto capire che la mia condizione non aveva nessun motivo per cui essere nascosta, né tantomeno aveva senso pensare che fosse una mia mancanza. La mia esperienza personale mi ha reso più facile capire le fragilità delle persone sorde, agevolando dunque il mio lavoro di documentarista.
Ovviamente all’inizio non è stato facile, perché iniziai a scrivere alle associazioni e a richiedere degli incontri, e poi man mano, tramite amici o conoscenti, ho iniziato ad incontrare più gente possibile che aveva a che fare con la comunità dei sordi. In generale erano molto restii ad incontrarmi perché temevano che l’impossibilità nel comunicare potesse essere un ostacolo deleterio ai fini del mio lavoro. Ero molto demoralizzata perché pensavo che non sarei mai riuscita ad entrare in empatia con queste persone. È allora che incontrai Dario Pasquarella. Lui oltre ad accoglierci e a parlarci come se non ci fosse nessun tipo di divario, aveva la storia perfetta per meperché portava sul palcoscenico spettacoli in cui utilizza sia la lingua LIS, cioè la lingua dei segni, sia la lingua parlata rendendoli fruibili a tutti. Per tutta la durata dello spettacolo, la barriera che c’era tra le due comunità e che io e la mia troupe avevamo sentito fin da subito, veniva meno. Mi fu chiaro che avevo trovato la mia storia.
Puoi raccontare qual era il tuo rapporto con Dario durante la lavorazione del documentario? Hai avuto difficoltà a entrare nel suo mondo?
Dario in generale ci ha accolti fin da subito, capiva la mia esigenza di raccontare storie e così si fidò di me e delle mie richieste. Ci mostrò anche gli aspetti più personali della sua vita e ci diede delle cassette di quando era piccolo ed era nell’istituto per sordi.
Però nonostante questo, penso che il limite comunicativo rimaneva molto forte. Di solito, durante le riprese, c’era sempre l’interprete che ci aiutava a comunicare ma questo limitava il nostro contatto diretto. Così provai a fare delle riprese anche senza interprete e in quelle situazioni sembravo io più in difficoltà e a disagio di lui. Forse è proprio così che si sentono i sordi quando cercano di parlare con noi nei luoghi più comuni. Penso che quelle circostanze mi siano servite a capire meglio cosa si prova ad avere un deficit uditivo e a non poter comunicare.
Speri che lo spettatore, una volta visto il tuo documentario, si ponga delle domande sulla società?
In realtà non è questo il mio vero intento, nel documentario parlo molto poco della comunità dei sordi e di tutti gli aspetti legati all’essere sordi. Quello che mi interessa di più è, in primo luogo, far conoscere la storia di Dario e il suo ammirevole obbiettivo, e in secondo luogo far scattare dentro le persone la voglia di abbattere questi limiti che si creano tra sordi e udenti, perché attraverso l’arte, che può essere uno spettacolo teatrale o un documentario, questo diventa possibile.
Cosa significa essere una documentarista, nel 2021? Ritieni che il tuo approccio alle storie reali che racconti possa essere in qualche modo influenzato dal tuo essere donna?
Penso che in generale farsi ascoltare al giorno d’oggi sia molto difficile, siamo costantemente bombardati di notizie e di nuovi strumenti di divulgazione: tutto diventa vecchio in troppo poco tempo. Ma la cosa importante secondo me è fare cose in cui si crede e che abbiano un senso per te. Questa è la base per andare avanti nel tuo lavoro e sperare che qualcuno lo segui. Per quanto riguarda il mio essere donna non penso che ha influito molto sul mio lavoro:sto cercando di emergere in quanto persona e non in quanto donna.
Bisogna certamente notare che ci sono poche registe donne, ed ancora oggi bisogna lottare per rendere meno di genere questa figura.
Se vuoi scoprire altre storie di Donne e della loro straordinaria Energia
continua a seguire la campagna Energica sul nostro blog
_ di Filippo Lorenzin