L’UE punta all’azzeramento delle emissioni prodotte da auto e furgoni. Una decisione epocale per il futuro del Pianeta (con alcune incognite)
Nell’Europa del futuro non ci sarà spazio per le auto a benzina e diesel. Sebbene i mezzi di trasporto su strada contribuiscano meno all’inquinamento atmosferico rispetto a quelli produttivi, le emissioni registrate dal settore sono aumentate di oltre il 30% tra il 1990 e il 2019.
Verso il 2035
Il Parlamento Europeo ha approvato le misure contenute nel Fit for 55 della Commissione europea. Il pacchetto climatico contiene le indicazioni per raggiungere gli obiettivi green entro il 2030. Tra le diverse voci, quelle sulle auto e i furgoni sono state tra le più discusse.
L’obiettivo zero emissioni di CO2 è stato fissato per il 2035.
Da quella data in poi non sarà più possibile acquistare auto e furgoni a alimentati a benzina e diesel.
Spazio quindi alle auto elettriche, la cui tecnologia – per il momento – sembra essere la sola in grado di garantire l’abbattimento delle emissioni (pur non essendo a impatto zero, il che lascia aperti interrogativi su produzione e smaltimento).
I passaggi intermedi
Da qui al 2035 sono previsti due passaggi intermedi.
Il primo è fissato per il 2026 e riguarda la verifica della transizione in corso.
Si tratta di un passaggio fondamentale per fare il punto della situazione, specialmente su questi due aspetti:
- Tecnologia
Oggi l’alimentazione elettrica è l’unica alternativa sostenibile ai combustibili che abbatte del tutto le emissioni. Una mancata accelerazione sui nuovi brevetti e su soluzioni performanti (oggi al palo) potrebbe allontanare gli obiettivi prefissati e allungare le tempistiche della transizione ecologica;
- Occupazione e transizione lavorativa
Tutte le professioni legate al settore saranno influenzate dalla nuova direzione green dei trasporti su strada. Ecco perché dovrà essere valutato l’impatto della transizione sull’intera filiera automotive: in primis i passaggi della produzione (dai singoli componenti sino alla fase finale della costruzione), senza contare i servizi di vendita, assistenza e rifornimento veicoli che interessano numerosi lavoratori.
Il secondo passaggio è invece previsto per il 2030.
L’obiettivo fissato per questa data è la netta riduzione delle emissioni per furgoni e auto, rispettivamente del 50% e del 55% (da qui il pacchetto Fit for 55 per il 2030) rispetto a oggi. Inoltre, dal 2030 sono previsti degli stop agli incentivi per l’acquisto di veicoli elettrici o a combustione con bassa emissione. Una misura criticata da diversi Paesi dell’Unione in quanto si escluderebbero le categorie di cittadini meno abbienti.
Uno scenario al 2035
La direzione indicata dall’Unione europea è parte di un progetto più ampio di transizione ecologica che diventa sempre più necessaria alla luce del cambiamento climatico. La strada da fare è molto lunga e bisogna cominciare a gettare le basi per non arrivare impreparati all’appuntamento. Diversi addetti ai lavori e professionisti del settore automotive hanno criticato la scelta dell’Unione e messo in dubbio le possibilità di raggiungere gli obiettivi, pur condividendo la necessità di stimolare un cambio di marcia.
L’importanza della ricerca
Oggi la tecnologia alla base delle auto elettriche e ibride non garantisce l’abbattimento delle emissioni per via dei costi alti di produzione, ancora maggiori se si pensa alla gestione e alla manutenzione dei veicoli. Per questo motivo ci si aspetta che aumentino le ricerche sui biocarburanti e sull’ibrido plug-in. La palla passa ai ricercatori e ai produttori.
Gli investimenti sulle infrastrutture
Oggi chi possiede un’auto elettrica deve affrontare il problema della ricarica lontana dalla propria abitazione perché mancano le stazioni dedicate: poche nelle città, quasi assenti fuori. Le infrastrutture di ricarica sono circa 200mila in tutta Italia. Entro il 2030 si dovrebbero raggiungere le 2,5 milioni di unità. Questa imponente filiera di stazioni di ricarica e batterie sparse per tutto il paese richiede un investimento importante sulla produzione energetica nazionale.
Una sfida ambiziosa che per il momento ci vede lontani dall’obiettivo.
L’impatto sul mondo del lavoro
Il settore automobilistico (e tutto ciò che ruota attorno ad esso) rappresenta il 16-20% del PIL italiano. In Germania si aggira attorno al 30%. Questo ci deve far riflettere sull’impatto sociale della scelta ecologica. La transizione e l’abbandono dei combustibili – necessari per il Pianeta – avranno conseguenze importanti sul mondo del lavoro. Il rischio di tagli del personale e della manodopera legati all’automotive classica è elevato.
Per mantenere l’equilibrio sarà necessario investire sin da ora sulla formazione di nuovi professionisti (che diventeranno cruciali in una fase matura della transizione) e sulla riqualificazione delle figure tradizionali, così da ridurre il più possibile l’impatto sull’occupazione.
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_Simone Picchi