Una collezione frutto della ricerca sui biocompositi sensibili all’ambiente come chitosano, cellulosa, pectina e acqua
Elementi naturali, design e tecnologie indagano lo spazio dando vita ad una collezione unica nel suo genere. Si chiama Aguahoja, progetto che riunisce artefatti naturali pensati digitalmente e fabbricati roboticamente partendo dai componenti molecolari trovati nei rami degli alberi, negli esoscheletri di insetti e nelle ossa dell’uomo. L’approccio alla progettazione è tutto nuovo, basato sull’acqua e su una piattaforma di fabbricazione che consente una stretta integrazione tra sintesi dei materiali, fabbricazione digitale e comportamento fisico.
La ricchezza dei biocompositi funzionali
Come spiega il Mediated Matter Group “la continua ricerca sull’applicazione di biocompositi sensibili all’ambiente, ha portato alla prima realizzazione su scala architettonica della serie Aguahoja. Alta cinque metri, la pelle della struttura è composta da un biocomposito flessibile con proprietà meccaniche, chimiche e ottiche. La deposizione robotica di cellulosa e chitosano consente la creazione di un pattern generativo della superficie che altera la rigidità e il colore dei pannelli in risposta a parametri ambientali quali calore e umidità. Se esposta alla pioggia questa pelle biocomposita si degrada, ripristinando i suoi elementi costitutivi nel loro ecosistema naturale, continuando così i cicli delle risorse naturali che hanno permesso la loro sintesi. Anche piccole alterazioni della composizione molecolare dei biocompositi possono avere un impatto sul loro aspetto e comportamento. I manufatti Aguahoja rappresentano anni di esplorazione nella parametrizzazione della chimica dei materiali, al fine di sviluppare una libreria di biocompositi funzionali. I pezzi di questa collezione sono diversi nel loro aspetto ma sono tutti composti dagli stessi componenti: chitosano, cellulosa, pectina e acqua”.
Forme e modelli adattabili
“Il progettista può controllare la composizione, la forma, il comportamento e l’alterazione della materia in funzione della natura e del plasticità dei materiali – aggiungono – Tra gli elementi si trovano anche i biocompositi sintonizzabili, ottenuti tramite composizione molecolare variabile e deposizione adattativa. Le proprietà meccaniche e ottiche che ne risultano vengono utilizzate come input per la progettazione computazionale e la fabbricazione digitale su scala, promuovendo così la piena integrazione tra la piattaforma di fabbricazione robotica, la modellazione dei materiali e la generazione di forme”.
Acqua che alimenta o distrugge
Fondamentale il ruolo dell’acqua, grazie alla quale “le ecologie naturali hanno facilitato la personalizzazione delle proprietà fisiche e chimiche di un organismo, anche attraverso la crescita e la biodegradazione e in funzione dei vincoli biologici e ambientali. Questo ciclo di nascita, adattamento e decadimento consente agli ecosistemi di utilizzare i materiali per sempre. Nelle foreste secolari e nelle barriere coralline, i rifiuti sono praticamente inesistenti. In questo quadro, la materia prodotta da un membro di un ecosistema, vivente o non vivente, alimenta inevitabilmente il ciclo di vita di un altro. Il risultato è un sistema alimentato ad acqua con impareggiabile efficienza nell’utilizzo di energia e risorse”. Derivato dalla materia organica, stampata da un robot e modellato dall’acqua: “il progetto Aguahoja incarna l’approccio progettuale dell’ecologia dei materiali alla formazione e al decadimento dei materiali in base al design. E’ una realizzazione dell’antico versetto biblico, “Dalla polvere alla polvere” che oggi si traduce in “Da acqua all’acqua”.
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_ di Marilisa Cattaneo