Grazie all’impegno nelle rinnovabili, l’isola punta a raggiungere il 200% di produzione di energia pulita al 2040
La Tasmania, piccolo stato appartenente all’Australia, si prepara a diventare leader nella produzione di energie rinnovabili. Grazie alla costruzione di parchi eolici e impianti idroelettrici, l’isola australiana sta raggiungendo la piena fornitura energetica da fonti pulite. Si tratta di un primato detenuto da pochi altri paesi come Scozia, Islanda e Costa Rica.
Ma le ambizioni non finiscono qui. Infatti lo scorso ottobre il governo guidato da Will Hodgman ha presentato al Parlamento federale un’iniziativa di legge per raggiungere il 200% di energia pulita entro il 2040. Un obiettivo ambizioso ma comunque fattibile, dato che con la costruzione del parco eolico a Grandville (che terminerà nel 2022), la Tasmania avrà accesso a 10.741 GWh di capacità di generazione rinnovabile, ben al di sopra della sua domanda media annua di elettricità di 10.500 GWh.
Dal carbone all’idroelettrico: la transizione della Tasmania
La sensibilità della Tasmania verso le energie rinnovabili ha radici lontane, tanto che la prima centrale idroelettrica venne costruita nel 1895, nella città di Launceston. Oltre a essere stata la prima nell’isola, per decenni è rimasta l’unica nell’emisfero meridionale. Nei decenni seguenti, come tutta l’Australia, anche la Tasmania ha fatto affidamento sul carbone, soprattutto con quello di importazione.
La svolta verso le fonti pulite è iniziata nella seconda metà del XIX secolo, quando i governi e le amministrazioni cittadine che si sono succedute negli anni hanno promosso politiche per lo sfruttamento delle risorse naturali a fini energetici. A cominciare dall’acqua, sia del mare che dei tanti fiumi e laghi che ci sono sull’isola.
Un modello di sviluppo sostenibile
Ma la diffusione delle energie rinnovabili ha avuto anche degli effetti sull’economia, con la nascita di tante imprese (piccole e grandi) che creano posti di lavoro e contribuiscono alla ricchezza nazionale. Negli ultimi anni diverse multinazionali straniere hanno scelto di investire in Tasmania, aprendo filiali o punti vendita. Lo scoppio della pandemia ha comunque causato problemi all’intera economia verde, come ritardi nei progetti o riduzione dei fatturati delle imprese. Ciò nonostante la crescita va avanti, tanto che il solo settore dell’idrogeno ha registrato un valore di 50 milioni di dollari nell’ultimo anno.
Un modello di sviluppo è efficiente quando include anche le giovani generazioni, e in Tasmania c’è spazio per ragazzi e ragazze che sognano un futuro nel settore dell’ambiente. La University of Tasmania, la più antica d’Australia, ha messo a punto programmi interdisciplinari in cui gli studenti possono stare a contatto con la natura e svolgere attività come l’agricoltura, l’assistenza nella logistica portuale e la progettazione di parchi eolici.
Gli ultimi progetti in cantiere
Insomma , l’obiettivo del governo della Tasmania è quello di diventare il principale esportatore dell’energia pulita, “la batteria della nazione”, come ha detto il Ministro dell’energia, Gyu Barnett. Come primo passo ha messo a punto il progetto Battery of the Nation per valutare le potenzialità di una serie di siti idroelettrici per l’accumulo dell’elettricità destinata all’esportazione verso l’Australia. Qualora i punti individuati risultassero sfruttabili, la Battery of Nation potrebbe fruttare ben 7,1 miliardi di dollari all’economia della Tasmania nei prossimi anni. Quanto alle opere in costruzione, l’ultima in ordine di tempo è Marinus Link, un cavo sottomarino lungo 370 chilometri nello stretto di Bass che collega l’isola della Tasmania all’Australia meridionale e la Tasmania e che rappresenta il secondo interconnettore tra l’isola e la terraferma. Una volta completato, il Marinus Link permetterà il passaggio di 1500 megawatt dalla Tasmania allo stato del Victoria.
La rivoluzione della Tasmania è appena iniziata.
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_ di Matteo Melani