Ogni anno, quando arriva l’inverno e le temperature si fanno più rigide sorge il problema di come aiutare gli homeless trovare un riparo dal gelo. In molti casi, quando le persone in difficoltà sono tante, è impossibile garantire a tutti di trascorrere una notte in un dormitorio, ecco perché alternative come quelle che stiamo per proporvi possono rivelarsi preziose. Architetti e designer da tempo sviluppano idee basate sul concetto di “riparo temporaneo”, servendosi anche delle soluzioni hi-tech di ultimissima generazione. Si tratta di progetti davvero semplici da implementare, viene da chiedersi perché non tutte le città ancora prendano in seria considerazione l’ipotesi di utilizzarli sistematicamente per rendere la vita dei senzatetto leggermente più confortevole o almeno, per evitare che l’inverno si riveli fatale.
Un problema di progettualità o di noncuranza?
Un video girato da alcuni architetti inglesi mette in luce una questione di tipo normativo. Chi dorme in giacigli di fortuna o in baraccopoli è in pericolo, basti pensare che quei ripari sono costruiti senza criterio, con materiali trovati per strada. Mancano linee guida per i ripari di fortuna. Può sembrare fuori luogo parlare proprio di linee guida per qualcosa che resta ben distante dall’ideale comune di casa, ma di fatto sarebbe utile per poter rispondere ad un bisogno che, anno dopo anno, resta immutato: trovare un posto caldo e sicuro per trascorrere la notte. Ad oggi, le idee per offrire aiuto agli homeless sono tante ma la loro realizzazione concreta risponde ad un canone unico: l’immaginazione dei creatori.
I Commonweal Pods di Reed Watts a Londra
Qualche anno fa a Londra sono comparsi alcuni moduli prefabbricati progettati dallo studio Reed Watts ed installati all’interno del 999 Club, una struttura nella zona di Deptford che offre servizi di accoglienza a chi si trova in condizioni di vulnerabilità.
In buona sostanza, si tratta di moduli in legno molto semplici da assemblare; il loro progetto è stato reso disponibile online con licenza Creative Commons, in modo che chiunque possa servirsene e riprodurlo in qualsiasi luogo del mondo per offrire un riparo temporaneo ai senzatetto.
Il progetto è stato ideato nel 2017 per un concorso della Commonweal Housing, a caccia di idee per aiutare i migranti romeni arrivati in Inghilterra per lavoro che si ritrovavano costretti a vivere accampati nei parchi pubblici. Il concorso è stato vinto proprio dallo studio Reed Watts, che ha pensato ad una soluzione low-tech da poter montare in tempi rapidi all’interno di scuole, edifici non utilizzati e spazi simili.
In Texas le case stampate in 3D per i senzatetto
Dall’altra parte del mondo, la Icon, che sviluppa soluzioni innovative in architettura, ha realizzato un Welcome Center di circa 50 mq in meno di 27 ore e che è parte del progetto Community First! Village della no-profit Mobile Loaves & Fishes. Il villaggio fornisce residenze permanenti e una comunità di supporto per persone che hanno perso la propria casa, con l’obiettivo ulteriore di metterle in relazione con la comunità locale e il vicinato. Questa struttura è diventata un epicentro di innovazione tecnologica, esempio di come in futuro l’edilizia potrebbe essere concepita: semplice, in grado di rispondere velocemente alle esigenze e al servizio delle persone. Allo stesso tempo, questo progetto dimostra come il problema dei senzatetto possa essere risolto se affrontato con tutte le armi a disposizione. Una volta completato, il progetto del Village si svilupperà su uno spazio di 51 acri su cui svetteranno gli alloggi destinati a 480 persone che un tempo vivevano per strada, il 40% circa dei senzatetto di Austin.
Le capsule Ulmer Nest per i senzatetto tedeschi
Le capsule Ulmer Nest sono state immaginate per quei senzatetto che non posso accedere ai dormitori per varie ragioni, ad esempio perché accompagnati da animali. I primi Ulmer Nest sono stati installati nella cittadina di Ulm, che ha deciso di attivarsi per sperimentare questo progetto pilota che combina hi-tech e solidarietà. I giacigli realizzati sono in legno e acciaio e offrono riparo fino a 2 persone contemporaneamente.
La particolarità, oltre all’isolamento dal freddo e dall’umidità, è che alcuni sensori raccolgono dati sulle condizioni termiche e di sicurezza di ogni alloggio, in modo da fornire eventuale assistenza; gli stessi sensori comunicano tramite app quando la porta è aperta e la cabina è vuota e si può procedere con le attività di pulizia, senza quindi che alcuna telecamera vada a minare la privacy degli occupanti.
Inoltre, gli Ulmer Nest sono dotati di pannelli fotovoltaici e collegati ad una rete radio che permette a chi si trova all’interno di comunicare senza dover necessariamente utilizzare le reti mobili.
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_ di Anna Tita Gallo