L’AI non è a impatto zero. Il consumo di risorse che genera rischia di aumentare ogni giorno di più. A dirlo il fondatore di ChatGPT
Una delle sfide del comparto digitale da sempre è quella di ridurre l’impatto ambientale delle attività che ormai si sviluppano in ogni angolo del Pianeta. L’intelligenza artificiale potrebbe però rappresentare una nuova minaccia. In generale le Big Tech e i progressi che riescono a proporre sul mercato da un lato semplificano la vita e riducono il tempo di moltissime attività, dall’altro lato richiedono un grande impiego di risorse come acqua ed energia. Alla luce della crescita dell’interesse e dell’utilizzo degli strumenti di AI, gli esperti lanciano l’allarme ma anche una sfida: un maggiore utilizzo di fonti energetiche diverse per poter alimentare l’AI del futuro.
Digitale ed impatto ambientale
Una precisazione è d’obbligo: il consumo energetico e le emissioni di CO2 dell’intelligenza artificiale costituiscono solo una parte di quello che compone l’“impatto ambientale” del mondo digitale.
Un recente studio pubblicato sulla rivista Natura dice che le emissioni di CO2 legate al digitale sono destinate ad aumentare nei prossimi anni e che questo settore porta al 3,8% delle emissioni totali di anidride carbonica a livello mondiale.
Cosa si intende per “intelligenza artificiale”?
Volendo parlare nello specifico di intelligenza artificiale (AI), la si potrebbe definire come un ramo dell’informatica che permette di progettare e programmare sistemi per dotare le macchine di caratteristiche tipicamente umane, come percezioni visive e spazio temporali e capacità decisionali.
L’AI nasce nel 1956 ma si assiste a un boom particolare proprio di recente.
Ad essa sono correlati vantaggi e rischi, per lo più legati all’uso che si decide di farne, come sottolineato anche da realtà istituzionali quali il Parlamento Ue.
Sintetizzando, i principali vantaggi sono la velocità e il risparmio di tempo, l’apprendimento continuo dei sistemi, la precisione e la personalizzazione di prodotti e servizi in base alle preferenze dell’utente. I principali rischi sono invece di violazione della privacy, di discriminazione e disparità, costi elevati, sostituzione umana e dipendenza dalla tecnologia… e poi c’è l’impatto ambientale.
L’AI e il consumo di risorse
Qual è, nello specifico, l’impatto ambientale dell’intelligenza artificiale? Facendo riferimento alla sola intelligenza artificiale, entro il 2027 il consumo d’acqua necessario per consentire questo tipo di servizi aumenterà, secondo gli esperti, arrivando a un valore stimato tra 4,2 e 6,6 miliardi di metri cubi. Una quantità di acqua enorme, paragonabile a circa la metà di quella consumata ogni anno, ad oggi, nel Regno Unito.
Inoltre, l’AI generativa (che impara come rispondere alle richieste e a generare testo ed immagini) potrebbe intensificare il bisogno di energia ed acqua, in quanto richiede enormi quantità di potenza di calcolo e server farm che necessitano di acqua refrigerata per raffrescare le apparecchiature.
L’allarme relativo all’impatto ambientale in aumento legato all’intelligenza artificiale è stato lanciato dallo stesso padre di ChatGPT Sam Altman, che ha però ipotizzato una svolta energetica per poterla alimentare in futuro. Si ipotizza in particolare di poter utilizzare fonti energetiche diverse come la fusione nucleare o l’energia solare.
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_Miriam Tettamanti