Alcune hit memorabili di cantanti e band che si sono ispirati alla natura o lottano per un mondo più green
E’ impossibile creare un elenco esaustivo. Quelle che seguono sono soltanto 10 tra le canzoni ambientaliste più simboliche, scritte da grandi artisti di ieri e di oggi. Da decenni la musica trae ispirazione dalla natura e i cantanti narrano di un mondo deturpato e saccheggiato, mentre nella vita di tutti i giorni si schierano accanto alle grandi organizzazioni ambientaliste internazionali o lanciano messaggi per un mondo più green. Il loro attivismo sul palco è incarnato da note e versi immortali e senza tempo, di seguito troverete un piccolo mix di brani di epoche e generi diversi. Ma non faticherete a trovarne tantissimi altri, più o meno famosi di questi.
Breve riflessione: alla luce di ciò che stiamo vivendo in questi anni, con la crisi climatica al suo apice, alcuni versi suonano davvero profetici e mostrano quanto tempo sia stato sprecato. La lotta per il rispetto del Pianeta è ancora vivissima e le nuove generazioni ci credono ancora, ma se avessimo invertito la rotta qualche decennio fa il mondo di oggi non sarebbe forse migliore?
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Oppure continua a leggere e scopri le canzoni una per una…
Earth Song – Michael Jackson
È il 1995 e un ipnotico Michael Jackson ci regala la memorabile Earth Song. Varie ricostruzioni svelano che è anche l’ultima canzone provata dal cantante prima della sua morte.
Secondo i suoi racconti, la canzone fu scritta in un hotel in Austria durante un momento di totale sofferenza per le sorti del Pianeta. Earth Song, la canzone della Terra, è la prima in cui tratta la questione ambientale e della tutela del mondo animale.
Il videoclip, altrettanto ipnotico, resta tra i più celebri della storia della musica (siamo in piena era Mtv!) e si compone di spezzoni di repertorio uniti a parti girate ex novo. Le immagini di repertorio mostrano la deforestazione, l’uccisione di animali, la povertà, il fumo delle fabbriche che dalle ciminiere si diffonde nel cielo. L’ansia cresce secondo dopo secondo.
Le immagini girate nel 1995 invece hanno come protagoniste etnie perseguitate, persone stremate dalle guerre (il riferimento più evidente è alla ex Jugoslavia) e territori devastati.
Ma poi, ad un certo punto, tutto cambia. Un vento fortissimo invade la scena, la musica diventa ancora più potente e le immagini si riavvolgono. Tutto rinasce: persone, animali, case, foreste.
Durante le performance dal vivo, Michael Jackson ha utilizzato varie soluzioni per evocare il video e il contenuto del brano. Durante l’HIStory World Tour 1996-1997 veniva affiancato da un carro armato e lo fermava con un gesto simile al rivoluzionario di Piazza Tienanmen; ai concerti benefici del Michael Jackson & Friends del 1999 invece cantava sopra ad un ponte che veniva bombardato, tanto che in una delle due tappe rimase ferito.
Hungry Planet – The Byrds
Fa parte dell’album Untitled del 1970, il testo è breve ma chiarissimo. C’è un Pianeta affamato che un tempo aveva un volto giovane, ormai deturpato dalla necessità sfrenata di ottenere materie prime e dal saccheggio continuo di risorse naturali. L’umanità ha tagliato gli alberi più belli, avvelenato l’ossigeno, scavato, preso più di quanto la Terra potesse offrire e più di quanto potesse poi restituirle.
The last resort – Eagles
The last resort (1976) racconta di come l’uomo inevitabilmente finisca per rovinare tutto ciò che trova bello. Lo fa con la sua semplice presenza e con la sua “capacità” – che nessun altro animale al mondo possiede – di distruggere l’ambiente.
“L’ambiente è il motivo per cui faccio politica: provare a fare qualcosa per contrastare la distruzione completa della maggior parte delle risorse che abbiamo; il nostro futuro è stato barattato in nome del profitto e dell’avidità”, dichiarava Don Henley al Rolling Stones. Attualissimo.
Don’t go near the water – Beach Boys
Nel 1971 i sorridenti e spensierati Beack Boys si fanno seri e aprono l’album Surf’s Up con Don’t Go Near The Water, parlando di ambiente e in particolare dell’inquinamento dell’acqua. Il titolo è un messaggio duplice: non avvicinarti all’acqua perché è “sacra”, va preservata, e non avvicinarti all’acqua perché è diventata un pericolo a causa degli inquinanti che contiene. Inutile dirlo, il problema è l’essere umano, con il suo consumismo smodato e il poco rispetto verso il Pianeta.
“Il veleno galleggia in mare, minaccia la vita sulla terra”, canta la band, mentre “dentifricio e sapone rendono gli oceani un bagno di bolle”. Se i Beach Boys scrivessero oggi questa canzone probabilmente aggiungerebbero l’immagine delle isole di plastica galleggianti.
What I’ve done – Linking Park
Potrebbe sembrare il “mea culpa” di un singolo individuo, ma il video di questa canzone chiarisce ogni dubbio. La band decide infatti di mostrare scene di guerra, di scandali e degli effetti del global warming. Il messaggio, tuttavia, resta di speranza: un’ammissione degli errori compiuti finora, necessaria a ricominciare verso una direzione diversa. Eventi come la seconda guerra mondiale, la guerra fredda e la guerra del Golfo, ma anche le città in preda al traffico devono farci riflettere per non commettere mai più gli stessi sbagli.
Save the World – George Harrison
Inserita nell’album del 1981 Somewhere in England, questa canzone è la protesta di Harrison contro la corsa al nucleare, la devastazione delle foreste pluviali e le pratiche ecologicamente irresponsabili delle multinazionali. Gli effetti sonori nel brano enfatizzano il messaggio: bombe, proteste, esplosioni atomiche. Non a caso, Harrison rivide la canzone per Greenpeace, che la inserì in un album di fundrising.
Five years – David Bowie
Five Years è la prima traccia dell’album The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars uscito nel 1972.
Lo stesso Bowie spiega in un’intervista quale interpretazione dovremmo dare a questo brano, in una sorta di racconto catastrofista – tipico di quegli anni – il cui protagonista è il noto Ziggy Stardust (protagonista di tante storie cantante da Bowie): ormai si sa che il mondo finirà a causa della scarsità di risorse disponibili, Ziggy fa parte di un gruppo rock ma non può suonare perché non c’è più energia elettrica; gli viene suggerito però di raccogliere più notizie possibili e di cantarle, visto che ormai non è più possibile nemmeno fare informazione; così, la notizia del mondo sull’orlo del baratro la darà proprio Ziggy…
Mother Nature’s Son – The Beatles
Mother Nature’s Son è contenuta nel White Album dei Beatles del 1968. E’ un brano semplice, che celebra la vita in campagna e la natura in generale. L’ispirazione a Paul McCartney venne dopo una conferenza del Maharishi Mahesh Yogi in India. Negli ultimi anni è tornata molto in voga tra i fan, anche considerando che durante gli anni Ottanta McCartney si distinse per le sue posizioni ufficialmente ambientaliste accanto ad organizzazioni come Greenpeace.
Big Yellow Taxi – Joni Mitchell
1970, Joni Mitchell parla di alberi tagliati e cemento e la sua canzone diventa una bandiera. Brano famosissimo tra gli ambientalisti dell’epoca, in anni recenti è stato ripreso anche da Janet Jackson, che l’ha campionato per Got ’til It’s Gone. Per un motivo o per l’altro, questa canzone non ha mai smesso di essere cantata e molti artisti ne hanno fatto una propria cover. Il verso “They paved paradise to put up a parking lot” (hanno asfaltato il paradiso per costruirci un parcheggio”) è sicuramente tra i più citati quando si parla di brani ambientalisti.
Elegy for the Arctic – Ludovico Einaudi
Nel 2016 il compositore Ludovico Einaudi esegue al pianoforte il brano inedito Elegy for the Arctic al largo del ghiacciaio Wahlenbergbreen, alle Isole Svalbard, Norvegia. Lo scopo non è soltanto la performance in sé, che comunque resta magica ed emozionante dalla prima all’ultima nota. Einaudi è arrivato sul ghiacciaio a bordo della nave Arctic Sunrise di Greenpeace e si è così unito all’appello firmato da quasi 8 milioni di persone per chiedere alla comunità internazionale di siglare un accordo a tutela dell’Artico dallo sfruttamento e dai cambiamenti climatici.
FUORI CLASSIFICA | Il ragazzo della via Gluck – Adriano Celentano
Anche l’Italia ha regalato brani splendidi che riguardano il rapporto uomo-natura.
Un protagonista su tutti, l’indimenticabile ragazzo della via Gluck cantato da Adriano Celentano dal 1966.
“Là dove c’era l’erba ora c’è una città” recitano i versi, ambientati nel quartiere Greco di Milano, dove Celentano è nato e che in quegli anni conobbe un rapidissimo processo di urbanizzazione. Via Gluck era una via accanto alla linea ferroviaria e proprio lì Celentano viveva con la famiglia, in una zona che viene raccontata con malinconia, in parte legata all’infanzia lontana e in parte legata alla trasformazione del territorio in corso.
_ di Anna Tita Gallo